Nino Spanò aveva 51 anni e faceva l’operaio. Un incidente sul lavoro a Montagnareale e una morte poco più di due mesi dopo al Policlinico di Messina. Sembra di sentire De André in “Dormono sulla collina”, in questa Spoon River degli anni Duemila: “E cosa ne sarà di Charley/che cadde mentre lavorava/
dal ponte volò e volò sulla strada”.
1040 sono i morti ufficiali dichiarati dall’Inail per il 2023 in Italia. Ufficiali perché non dimentichiamo che esiste il lavoro nero. 12 caduti nel Messinese e nel 2024 un operaio di 41 anni, Mihai Rediu, è morto lo scorso 7 febbraio a Terme Vigliatore.
E il signor Spanò, sposato con figli e conosciuto come “Piras”, dove lo collochiamo? Nei quasi morti del 2023 o nelle croci in fila del 2024? Di sicuro, è l’ennesima vittima.
Governo, Parlamento, sindacati, Confindustria, Ance – Associazione nazionale costruttori edili: ognuno deve fare la sua parte. Occupazione e diritti, giustizia sociale e sicurezza non sono parole d’ordine da corteo. Sono un progetto politico che deve essere realizzato, isolando chi calpesta la vita altrui con il ricatto del lavoro che non c’è. Ancora di più in una terra, come quella siciliana, ma il problema è nazionale, dove nulla cambia e dove non si riesce a mettere al centro la sicurezza. E il lavoro nero la fa da padrone.
A Firenze, come a Messina, c’è bisogno di proporre un’alternativa a questa catastrofe. Sottolinea Ivan Tripodi, segretario generale della Uil di Messina: “Su proposta del ministro Salvini, il governo Meloni ha approvato un codice degli appalti che provoca una pericolosa deregulation. Subappalti a cascata e totale mancanza di controlli, con l’alibi che ce lo chiede l’Europa. Europa che in altri il governo non ascolta, a parte il fatto che le richieste europee non sono queste. La verità è che questa è una valutazione politica che colpisce gli imprenditori onesti con una concorrenza sleale. Vengono invece premiate le aziende che mettono a rischio la vita delle persone”.
Più ispettori del lavoro, più controlli, più condizioni economiche per creare un’occupazione a misura di essere umano: oggi sembra un’utopia ma le lotte sindacali e politiche del lontano Novecento insegnano che cambiare si può. Purché non rimanga solo uno slogan. Ecco perché ci vuole una risposta della politica. Negli anni liquidi del precariato, la politica deve diventare sempre più solida.
Nella foto Nino Spanò ricordato da Mcl di Oliveri su Fb.