Lo scorso 9 agosto, al Teatro Antico di Taormina, nell’ambito del cartellone Anfiteatro Sicilia – per la stagione concertistica estiva della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana – abbiamo potuto assistere ad un altro concerto di altissimo livello, dopo la Nona di Beethoven diretta da Zubin Mehta: il grande violinista Uto Ughi, nell’esecuzione di uno dei concerti per violino e orchestra più celebri e amati, quello in re magg. op. 35 di Petr Ilic Cajkovskij, l’Orchestra Sinfonica Siciliana, diretta dal maestro Simone Bernardini, che ha eseguito anche la "Sinfonia n. 9 in mi minore", dal Nuovo Mondo di Antonin Dvorak.
Il concerto per violino fu concepito negli anni 1877/78, periodo caratterizzato dal tormentoso e triste matrimonio del compositore russo con Antonina Miljukova, durante il quale Cajkovskij provò vanamente a rinnegare la sua omosessualità. In quel periodo videro la luce capolavori come la Quarta sinfonia, l’opera Eugenio Oneghin e, appunto, il suo unico concerto per violino, capolavoro immancabile nel repertorio dei grandi violinisti. Il primo movimento, “Allegro moderato”, costruito fondamentalmente su due temi , dalla cantabilità sensuale, nostalgica, tipica di Cajkovskij, assume carattere ora maestoso, grazie ad una possente impalcatura sinfonica, ora lirico e struggente, quando il canto è affidato al violino solista. Splendida, a conclusione del movimento, e di una dolcezza infinita, la ripresa del tema principale, dopo la cadenza affidata al violino, momento commovente e indimenticabile. Dopo l’esecuzione del primo movimento, imponente e che da solo supera in lunghezza gli altri due messi insieme, il pubblico ha applaudito fragorosamente, ma tale comportamento poco ortodosso può in questo caso essere tollerato anche dai più “puristi”, trattandosi di un movimento che “strappa” l’applauso, tant’è che lo stesso Uto Ughi, protagonista di una eccelsa interpretazione, ha ringraziato sentitamente. Dopo la “Canzonetta” secondo movimento in tempo di Andante, intriso di toccante lirismo, attacca senza soluzione di continuità il terzo movimento – “Finale, Allegro vivacissimo” un banco di prova per ogni violinista che si rispetti, ricco di passaggi virtuosistici e funambolici. Il grande Uto Ughi è apparso in splendida forma, il suo modo di suonare sempre caratterizzato dalla nitidezza del fraseggio, dalla limpidezza e pulizia del suono, anche nei passaggi più difficili e rapidi, ma anche dal meraviglioso modo di rendere il “cantabile”, intensamente lirico ma equilibrato, mai scomposto. Inoltre la sua performance trasmette un senso di sicurezza, di disinvoltura, di padronanza assoluta dello strumento e del lungo e assai complesso brano, eseguito tutto a memoria. Degnamente accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Siciliana, diretta dal maestro Simone Bernardini, in camicia bianca, dal gesto incisivo ed elegante, Uto Ughi, spinto dai ripetuti ed entusiasti applausi di un pubblico non troppo numeroso (forse scoraggiato dal gran caldo di questi giorni) e sollecitato a suo dire dai colleghi e amici orchestrali, ha eseguito un graditissimo bis, una “Fantasia” su capricci di Paganini, un brano che spazia fra i più celebri capricci del grande compositore genovese, in particolare il n.24, il cui tema è stato utilizzato da Brahms per le sue splendide “Variazioni su un tema di Paganini” per pianoforte. Il brano ha ancora una volta offerto al maestro l’occasione di sfoggiare tutto il suo virtuosismo, e l’esecuzione è stata impeccabile ed entusiasmante, al cospetto degli sguardi ammirati degli stessi orchestrali. La seconda parte della serata ha visto protagonista solo l’orchestra, nell’esecuzione dell’ultima sinfonia composta da Antonin Dvorak, la n. 9 in mi minore, detta Dal Nuovo Mondo, sicuramente la più amata e conosciuta del musicista boemo. Dvorak scrisse la sinfonia durante la sua permanenza in America, luogo in cui videro la luce alcuni dei suoi più grandi capolavori, come la “Suite Americana”, il “Concerto per violoncello” e il Quartetto “Americano”. Nessuna composizione europea riesce a trasmettere le suggestioni derivanti dal continente americano come la sinfonia di Dvorak, che, oltre ricoprire il ruolo di direttore del conservatorio di New York, negli anni di permanenza americana (1892–1895) soggiornò anche a Spillville, nello stato dell’Iowa, quindi proprio nel cuore del “Nuovo mondo”. Ascoltando questo capolavoro non è difficile immaginare le vaste praterie, gli orizzonti sconfinati attraversati dalle carovane, in particolare nel primo tempo – Allegro ma non troppo – il cui tema principale, di sapore tutto americano, ricorre in tutti i movimenti, mentre nel secondo movimento – Largo – ci par di ascoltare reminiscenze dei canti degli indiani nativi d’America. Dopo lo “Scherzo – Molto vivace” intriso di ritmi delle danze popolari americane, la sinfonia si conclude con il quarto movimento, il celebre “Allegro con fuoco” che contiene uno dei temi più popolari e conosciuti del compositore boemo. In nessun movimento di questo capolavoro sono utilizzati motivi popolari americani: tutti i temi, pur se ispirati a canti e danze americane, sono frutto della fantasia di Dvorak, eppure riescono a creare magicamente l’atmosfera del nuovo continente. Come ha sapientemente scritto il critico musicale Giacomo Manzoni, “… dall’incontro di due civiltà è scaturita una delle pagine sinfoniche più celebri e più sorprendenti dell’ultimo ‘800”.
Ottima la resa dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, ormai un fiore all’occhiello nel panorama musicale siciliano, diretta magistralmente dal giovane Simone Bernardini, che ha saputo evidenziare i momenti topici dei vari movimenti. La conclusione del quarto movimento, con quel tema maestoso e perentorio che domina l’intero brano, ha provocato una vera ovazione da parte del fortunato pubblico, che ha assistito ad uno fra più bei concerti tenutisi negli ultimi anni al Teatro Antico di Taormina.
Giovanni Franciò