Oltre cento tra cani e gatti, molti ammalati, tutti a rischio contagio; legati alla catena, in box sovraffollati, in una vasca da bagno o in un catino trasformata in gabbia. Viene da Patti l’ultima storia di sofferenza di animali, ed è così macroscopica da aver richiamato l’attenzione di Striscia La Notizia. Purtroppo il servizio della nota trasmissione televisiva non è bastata, come non sono bastate anni di lotte e denunce dei vicini, una inchiesta- sfociata in un processo in corso – e un sequestro. Anzi, paradossalmente gli interventi della magistratura sono riusciti ad acuire il problema. Adesso per i cani di contrada a Patti si apre uno spiraglio: diverse associazioni della zona hanno infatti dato la propria disponibilità a farsi carico di loro, da subito. Una possibilità che rimane nelle mani dei giudici, che dovranno decidere se dare o meno l’ok al trasferimento dei cuccioli.
E’ lunga la storia della struttura di contrada Mulinello, troppo lunga per un paese civile. Il primo blitz dei Nas nella struttura dove una signora viveva con 101 cani e gatti risale al 2008. La signora Chiodaroli, sola e vedova, aveva cominciato ad accogliere e prendersi cura degli amici a 4 zampe bisognosi. Poco a poco chi aveva un cane di cui disfarsi, per non dire gli stessi operatori pubblici che dovevano intervenire nei momenti di emergenza, hanno cominciato a inviare a lei tutti i cuccioli abbandonati del comprensorio. Ma, senza controlli, senza alcun aiuto, in sovranumero, la struttura è diventata una vera e propria bomba sanitaria, tanto da mettere a rischio gli stessi animali ospitati. Diversi i casi di leishmaniosi documentati dai Nas nel 2008, una patologia molto contagiosa.
Così, sotto la spinta di un esposto dei residenti della zona, assistiti dall’avvocato Claudio Calabrò, e alla luce dei rilievi dei Nas, l’allora sostituto procuratore di Patti, Rossana Casabona, decide di porre sotto sequestro il canile. E affida alla stessa proprietaria dell’area la custodia giudiziale del canile. In attesa che le autorità preposte provvedano a sanificare l’ambiente e svuotare il canile, affidando gli animali, ovviamente. Un intervento che non arriverà mai. Tanto che nel 2010 chiude le indagini denunciando, oltre alla signora, l’allora primo cittadino di Patti Giuseppe Venuto e il vice Francesco Gullo, ai quali contesta l’omissione di atti d’ufficio, infine il dottore Vincenzo Pantano, dirigente del servizio Veterinario Asp di Patti, che avrebbe dovuto identificare, sterilizzare e cippare tutti gli animali e non lo avrebbe fatto. La custodia dei cani, però, rimane sempre alla Chiodaroli.
Chiuse le indagini, i 4 indagati chiedono di essere ascoltati, assistiti dagli avvocati Mauro Aquino, Francesco Pizzuto, Maria Rita Cicero, Luigi Gullo, Carmelo Briguglio e Alessandra Minici. La linea di difesa, essenzialmente, fa leva sulla impossibilità per il Comune di provvedere a così tanti cani: le casse sono vuote, le priorità sono altre, e malgrado la buona volontà degli amministratori, come succede purtroppo in altre realtà italiane, i cani rimangono senza aiuto. Nel 2013 si incardina il processo, ancora oggi in primo grado. Nel frattempo a Patti diventa sindaco lo stesso Mauro Aquino , che lascia la difesa della Chiodaroli, che si affida all’avvocato Tommaso Calderone.
Arriviamo al 2016 e la signora non è più sul banco degli imputati: il tempo ha lavorato a suo favore e le accuse contro di lei vanno in prescrizione. La custodia giudiziale dei cani a lei, no. Va avanti il processo per gli altri tre imputati. Da un lato, quindi, la Procura di Patti ha giudicato pericoloso lo stato in cui vessavano i cani. Dall’altro, però, la struttura resta sotto sequestro e affidata alla stessa proprietaria. Il nuovo primo cittadino prova ad intervenire: fa realizzare 10 box. Però sempre nella stessa area, sempre affidati alla stessa proprietaria. Le gabbie finiscono per sovraffollarsi in men che non si dica.
In questi sei anni alla Procura di Patti sono arrivate una marea di istanze: altri esposti dei residenti della contrada, una istanza di dissequestro presentata dagli stessi, nella speranza di rendere più semplice eventuali interventi; una richiesta dell’Asp del 2012, dopo l’ennesimo controllo dai risultati allarmanti, nella quale i veterinari pubblici chiedono che i cani restino nella struttura se e solo se curati e seguiti, una istanza dell’Enpa. Alcuni di questi documenti nel fascicolo processuale non ci sono, finendo di fatto fuori dal procedimento principale che si occupa della vicenda. Altri restano inascoltati, di fronte alla impossibilità, messa nero su bianco dalla Procura, di poter provvedere diversamente. Nel 2015 piomba a Patti il segretario del partito europeo animalista, Enrico Rizzi, e i carabinieri effettuano un nuovo blitz (a cui si riferisce la foto)
Oggi per la ennesima volta l’Enpa e altre sigle del territorio si dicono disponibile ad occuparsi dei cani. L’Ente per la Protezione degli Animali ha preparato un'istanza da depositare al presidente del Tribunale una richiesta per accedere alla struttura sequestrata, sulla quale i giudici dovranno pronunciarsi.
Il processo, intanto, va avanti: a febbraio la prossima udienza. Il sindaco, qualche giorno fa, ha incontrato i volontari animalisti di diverse sigle. Un'apertura, quella di Aquino, che se sarà concesso l'ingresso dei volontari, consentirà di avviare un percorso per portare i cani ad una condizione migliore. Il sindaco ha spiegato che non ci sono le risorse per operare in convenzione con le associazioni, disponibili comunque a verificare quali siano le condizioni degli animali e operare perché le condizioni igieniche del canile migliorino, e per consentire l'adozione degli animali.
Da parte sua, il Comune di Patti può però far fronte alle spese veterinarie e quelle per l'eventuale, auspicato, trasferimento degli animali, in caso di adozioni. Per arrivare agli affidamenti, però, è essenziale poter verificare le condizioni dei cani, effettuare tutta la trafila sanitaria necessaria, censire quelli che sono adottabili e così via. Insomma, l'accesso dei volontari al canile sembra il primo passo indispensabile.
Alessandra Serio