SAPONARA – A quasi un anno dalla pubblicazione del libro in cui ha raccontato la sua storia, Anna Barbera ha finalmente potuto toccare le mura dell’orfanotrofio di Bucarest lasciato alla fine del regime comunista di Ceaușescu, nel 1990. All’epoca Anna era ancora Andreea Baev, aveva sei anni e mezzo e non era ancora diventata la figlia adottiva di Pietro Barbera e Caterina Calabrò, oltre che la prima bambina arrivata in Italia dalla Romania. Oggi Andreea è Anna, che porta dentro di sé quelle ferite mai del tutto guarite, ma anche la consapevolezza che la ha donato l’amore dalla sua famiglia e lontano dal dolore dei primi anni della propria vita.
“Ogni giorno ho vissuto pensando a questo momento – ha spiegato Anna, tornata da Bucarest in Italia -. È qualcosa di troppo viscerale, penso sia giusto così. Sapere chi si è, perché è successo a te, capire il senso dell’abbandono… Sarà anche coraggio ma credo sia stato più il mio senso di appartenenza a spingermi fin lì. Ci sono luoghi, ricordi, profumi e sapori che fanno parte di noi, che lo vogliamo o meno. Tornare indietro a volte è l’unica scelta da fare per poter poi andare avanti. Bisogna riempire i vuoti o almeno provarci. Un viaggio dell’anima è una grande sofferenza ma ti rende più forte nel viaggio della vita”. E guardando a cos’ha trovato, Anna ha detto: “La cosa che più mi ha colpito sono quelle sbarre, autentiche oggi come allora. Ancora intatte, un simbolo sia di protezione dalla guerra, sia di controllo e schiavizzazione”.
Il viaggio di Anna verso quell’orfanotrofio è stato quasi un percorso di ricongiungimento tra la donna che è oggi, cresciuta in Sicilia, e la bambina che è stata prima dell’arrivo in Italia, la piccola Andreea. E la stessa Anna ha spiegato: “Vedere con gli occhi di Andreea e di Anna… per un attimo si è fermato il battito. Sono immagini forti perché ho rivissuto e respirato lì dove io ho lasciato i passi di Andreea per fare spazio ai nuovi di Anna. Di allora non ricordo tanto, solo barlumi intensi, dolori mai passati”. Le sensazioni della donna sono riemerse, pensando a ciò che era all’epoca la Romania di Ceaușescu: “Gli orfanotrofi che esistevano in Romania erano dei veri lager dove si salvava chi poteva o chi aveva la fortuna di essere adottato”. Ed è stato lì, a pochi centimetri da quelle mura che hanno “protetto” centinaia di bambini prima e dopo di lei, che Anna ha lasciato “le mie lacrime ed una margherita per i miei compagni, bambini adulti mai nati”.