teatro

“Antigone – il sogno della farfalla” – Nel silenzio e nell’assenza degli dei si staglia la forza di Antigone

Per “Fuori scena”, la rassegna all’aperto del Teatro dei 3 Mestieri, una produzione Officine Jonike Art, egregiamente diretta da Americo Melchionda, che ne è stato anche ottimo interprete, unitamente a Maria Milasi, dal pregiato testo della compianta artista Donatella Venuti, liberamente ispirato al romanzo filosofico – poetico – teatrale “La tomba di Antigone” di Maria Zambrano.

Superba Maria Milasi, nel ruolo dell’eroina più eticamente umana, esemplare nel comune sentire quale potente voce nella ricerca del riscatto dalle infinite ingiustizie della Storia, riesce sapientemente, da un canto a rievocare il contesto contrassegnato dai complessi rapporti familiari della tragedia, dall’altro ad allargare il campo alle atrocità senza tempo dei totalitarismi, in una interpretazione toccante e disarmante.

Un imponente lavorio di ricerca ha del resto sfrondato lo script di ogni sovrastruttura, scarnificato il testo, per restituirci intatta la forza di una “Eroe” per eccellenza, in aperta ribellione contro il potere prevaricatore.

La resa di Americo Melchionda, nella pluriveste di Polinice/ Eteocle e Arpia, sempre in perfetta assonanza attoriale, è intensa e ben strutturata.

La farfalla dell’intitolazione, nella sua sfolgorante brevissima vita, imprigionata nell’attimo, non è corrotta dal trascorrere inesorabile del tempo, un’esistenza pura e trascendente, assimilata giustamente a quella di Antigone che, nel testo della filosofa spagnola Zambrano, del 1967, è resa eccellente testimone delle Sue proprie traversie di esule per 45 anni sotto la dittatura franchista.

L’allestimento è minimalista, con un riuscito disegno luci di Simone Casile, e la piece è impreziosita da registrazioni sonore, allocate fra il mito e la storia, che catturano l’uditorio e lo rendono davvero partecipe.

La performance, presentata in anteprima nel novembre 2018 al Festival Miti Contemporanei, consente di celebrare la valente drammaturga, attrice e regista messinese Donatella Venuti, prematuramente scomparsa, che può essere presente in scena attraverso questa Sua creazione, una potente riduzione, intrisa di essenza intima, e attraverso la dolcissima e intensa voce off riferita all’amata nutrice Anna.

Antigone seppellisce il fratello Polinice, infrangendo il divieto, e, si evidenzia, la contrapposizione fra “Nomos” e “Fusis”, fra Convenzione e Natura, intesa quali leggi non scritte, racchiuse nel cuore umano, che rimandano alla sua natura divina.

Il teatro si fa civile, rischiara le coscienze, nel rimando ad una giovinezza irradiata dalla gloria del coraggio e resa eterna dalla trascendenza dell’amore.

La farfalla – Antigone non può definirsi inconsistente, ha un peso e le sue lacrime, pur se di liquido acquoso, trasparenti e invisibili, grondano sangue, il sangue della Storia, che non dà tregua finchè non si trovi una ragione al versamento di tanto odio. La legge dell’amore vincerà su quella del terrore, fin quando si potrà udire la Voce di una ribelle ed essere accecati dallo splendore della Sua Luce.

L’abito da sposa è logorato, Antigone è rinchiusa in una sorta di anfratto, accende e spegne una torcia, vittima di pillole per dimenticare e cancellare selettivamente le memorie, ma le allucinazioni non la abbandonano e deve riattraversare quelle ombre per raggiungere la Città Nuova, pacificata, quella dei Fratelli.

Arpia – un ragno nel cervello – intanto la destabilizza.

Un esilio senza soluzione, quale la condizione umana, fra cielo e terra. il sacrificio sacro continua a essere il fondamento ultimo della Storia e il viaggio ultramondano di Antigone, aurora della conoscenza, la fa rivivere in una sorta di tempo supplementare nel silenzio e nell’assenza degli dei, fra vita e morte.