Sconti di pena e parecchie assoluzioni, in secondo grado, al processo Bani Bani sullo sfruttamento della prostituzione di donne dell’est da parte di connazionali e italiani che si muovevano tra Messina e Milazzo.
La Corte d'Assise d’appello di Messina (presidente Tripodi) oggi ha disposto la riduzione di pena a 10 anni per Ion Alexandru, in 8 anni per Mihai Haralambie, 9 anni per Mihai Ilije, 2 anni e 5 mesi per Mirela Luca Adina, 6 anni per Costantin Oprea, Gina Markosan e Petrica Bacar, 14 anni ed un’assoluzione parziale per Sebastian Costel Marcosan e Catalin Dadiloveanu, 11 anni per Ghoerge Ionut Ghita, 16 anni per Dorel Petrache, 17 anni per Gheorghe Gabriel Pirvu, 2 anni per Pasquale Rela, 5 anni per Bianca Elena Costanti, 12 anni per Florin Atos Costantin, 4 anni e 8 mesi per Ioana Costantin, 2 anni e 8 mesi per Teodor Florin Dragomin. Sconto di pena anche per l’italiano Francesco Panarello, che incassa anche la riqualificazione del reato in associazione semplice e viene condannato a 7 anni di reclusione.
Assolta parzialmente invece Larisa Pitigoi, la cui condanna scende a 10 anni e assolto totalmente Adrian Mitica Tone, assistiti dalgli avvocati Giovanni Villari e Piergrancesco Broccio. Conferma in toto delle condanne di primo grado, invece, per Gigi Motoc, Marianu Claudio Tufan, Tudor Baran, Ionel Calin e Daniele D'Agata.
Gli imputati condannati dovranno risarcire anche le parti civili, tra le quali, oltre a due delle donne sfruttate che hanno denunciato, le associazioni Penelope di Giardini Naxos e Coordinamento Solidarietà Sociale, ossia le due sigle che gestiscono le case famiglia dove le ragazze hanno trovato rifugio, e dove gli operatori le hanno convinte e aiutate ad uscire dalla schiavitù, proteggendole. Hanno difeso anche gli avvocati Fabio Mirenzio, Piero Luccisano, Pietro Fusca, Carlo Autru, Antonio Amata, Nino Cacia e Pierfrancesco Broccio.
Il blitz della Squadra Mobile di Messina è scattato nel 2011. Con una brillante e complessa indagine che ha varcato i confini nazionali, gli agenti hanno ricostruito le rotte attraverso le quali molte donne dell'est venivano fatte entrare in Italia, regolarmente o clandestinamente, poi avviate alla prostituzione e sfruttate. Molte di loro erano partite pensando di trovare un lavoro normale, tutte sono state minacciate e picchiate quando si sono rifiutate di scendere in strada. La banda di sfruttatori era in gran parte romena ma goveda di complici e aiuti a Messina. Fondamentale la collaborazione di alcune delle vittime che hanno deciso di fuggire ai soprusi, testimoniando contro gli sfruttatori.
(Alessandra Serio)