Premettiamo subito di stare ragionando nel campo delle ipotesi: se la delibera Atm, nella seduta di consiglio di ieri sera, fosse stata messa in votazione, più che parlare di delibera proposta dall’amministrazione sarebbe stato necessario parlare di delibera presentata dall’Udc. Dopo oltre un’ora di dibattito sul nulla, l’aula ha infatti approvato gli emendamenti, tanto discussi, presentati dal partito centrista, e “confezionati” dal consigliere Melazzo. Tre in particolare quelli che stravolgono del tutto il documento dalla giunta: il 12 (13 sì; 0 no; 10 astenuti), il 13 (13 sì, 0 no; 11 astenuti) e il 14 (12 sì; 8 no; 3 astenuti). Di fatto, gli emendamenti, di natura modificativa e aggiuntiva, condizionano la procedura di messa in il liquidazione a vincoli ben precisi: con il primo, l’attuazione della procedura di liquidazione è condizionata alla previa approvazione da parte del consiglio comunale di apposite delibere volte alla costituzione di società per azioni (entro 90 giorni dall’approvazione della delibera in oggetto) ed all’approvazione, entro 60 gironi, (sempre dall’approvazione della delibera in oggetto) dei propedeutici statuto e piano industriale. Con il n°13, viene stabilito, a garanzia dei lavoratori (compresi contrattisti e lavoratori Ztl), che le condizioni del riassorbimento vengano decise già nel piano industriale. Infine, il 14 prevede che la liquidazione sia avviata entro otto mesi dell’esecutività della delibera ma solo dopo che il consiglio abbia provveduto all’approvazione delle suddette delibere riguardanti la costituzione delle nuova società e del piano industriale.
Esito più che soddisfacente, dunque, per l’Udc, che il partito centrista non può però certo considerare farina del proprio sacco, almeno non in termini numerici. E lo fanno ben presente tanto i colleghi di maggioranza del Pdl, che astenendosi non hanno ostacolato l’approvazione degli emendamenti, quanto quelli del Pd, con il capogruppo Felice Calabrò che, come dallo stesso affermato, «aspetta l’Udc al varco». Quale? Quello in cui l’aula, e dunque anche l’Udc, sarà chiamata ad esprimersi sui due maxi emendamenti, anch’essi totalmente “innovatori” rispetto alla delibera presentata dalla giunta, e al momento in attesa dei pareri di dirigente e ragioniere generale: «Il Pd responsabilmente – afferma Calabrò – ha votato i vostri emendamenti, che, lo precisiamo, altrimenti non sarebbero mai passati. Lo stesso trattamento però, ci auguriamo venga riservato nel momento in cui verranno trattati i nostri». Un sostegno, quello del Pd nei confronti dell’Udc, che risponde dunque alla logica del “buon rendere”. Logica che invece risulta improponibile per Pergolizzi, (Fli), che con Mpa e Risorgimento Messinese hanno dato il lasciapassare all’Udc: «La proposta di Calabrò è inaccettabile – commenta Pergolizzi – perché gli emendamenti tra le due parti sono contrastanti. Alla fine si rischia solo arrivare ad un aborto di delibera a cui non potrò che dare voto contrario. Anzi la mia proposta rimane sempre quella del ritiro del documento».
Poco convinto delle proposte modificative del Pd, su cui dunque si preannuncia una lunga battaglia, il consigliere Cantello (Sicilia Vera), firmatario di altri due emendamenti, anch’essi in attesa di parere. Il primo riguarda l’avvio di azioni responsabilità, entro 60 giorni dall’approvazione della delibera, nei confronti di chi ha amministrato per anni l’azienda, tanto nella gestione ordinaria quanto in quella straordinario; il secondo prevede l’aggiunta, prima del deliberato, di una parte di testo in cui si specifica che la “votazione del presente atto e quindi l’avvio di ogni procedure che interessi l’Azienda speciale, sia subordinata alla realizzazione di un piano di ristrutturazione del debito, con relativa comunicazione ai creditori, da cui si evinca la volontà di rilancio dell’azienda, con relative proposte inerenti le modalità di pagamento del debito”.
Una soddisfazione condizionata, dunque, quella dell’Udc, già chiamato a riflettere sul comportamento da adottare di fronte all’ “out-out” del Pd: nel caso in cui, infatti, l’appoggio richiesto non ci sia, in fase di votazione della delibera (che risulterebbe dunque in toto emendata dall’Udc), il Partito democratico potrebbe rendere pan per focaccia bocciando il documento. Bocciatura che, tuttavia, non è escluso si possa attendere anche dal Pdl nel caso in cui l’Udc dica sì al Pd, o qualora il Popolo della Libertà non voglia appoggiare una delibera totalmente approvata dall’Udc, che pure è, o dovrebbe essere, parte della maggioranza.
Una buona scorciatoia, per Cilento e colleghi, rispetto alle condizioni del Pd potrebbe però essere rappresentata dai pareri agli emendamenti del Partito democratico: nel caso in cui, infatti, fossero negativi, il partito centrista potrebbe trovarsi nella posizione, ufficialmente giustificabile, di non dare il proprio assenso. Ma questo sarà da vedere (ELENA DE PASQUALE).