“C’è una foto che da quasi paura ed è l’immagine al di fuori del Pd: Salvini-Grillo-Berlusconi. E’ guardando quell’immagine e quell’anomalia che ci rende diversi dal resto d’Europa che vi dico che se non regge il Pd l’Italia non ce la fa. Il Pd può portare l’Italia fuori dalla crisi e la parola scissione non può far parte del nostro vocabolario, ma deve esserci dialogo, confronto, e le tematiche della sinistra devono far parte di questo dibattito”. Il presidente dimissionario dei deputati Roberto Speranza (unico caso di politico che lascia la poltrona per motivi di principio e di coerenza con le sue idee) a Santa Maria Alemanna per parlare della necessità di continuare la battaglia riformista in casa Pd oggi più che mai, ha trovato una platea che ha “sete” di politica,voglia di confronto. C’erano tutte le anime di un Pd messinese lacerato all’incontro promosso per presentare l’Area riformista Pd e voluto dall’ultimo segretario cittadino Giuseppe Grioli che ha così “battezzato” il suo ritorno ufficiale in pista, anzi in un terreno che dal 2013 (quando si dimise per candidarsi alle primarie) è diventato un campo minato. C’erano tutte le correnti ad ascoltare Speranza, probabilmente un cognome simbolico per una città dove il partito non esiste, renziani, civatiani, cuperliani, faraoniani, Labdem, Area Dem, movimenti, perché la voglia di parlare di fatti è forte.
“Il Pd è per noi un luogo politico non uno spazio- ha detto in apertura dei lavori Domenico Siracusano- L’Area riformista non è un rifugio ma il recupero di un percorso iniziale, la casa dei riformisti di fronte alle diverse spinte populiste”.
E’ stato Grioli a tracciare un’analisi lucida e dettagliata, senza fronzoli, di una realtà territoriale, Messina e provincia, che non lascia scampo e che inchioda la politica ad una responsabilità che non riguarda più solo il passato ma soprattutto il presente.
“Ormai ci poniamo domande esistenziali, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. E’ preoccupante lo schema che si ripropone ogni volta in questo Pd: la direzione del partito decide, l’Assemblea vota, il governo presenta la proposta, il Parlamento la vota e se ci sono perplessità pone il voto di fiducia. L’area riformista non vuol essere il punto d’incontro di tutte le antipatie antirenziane, ma vuol rappresentare il modo per rispondere a quelle domande iniziali. Messina è sempre più isolata, anche come infrastrutture e il vuoto delle province è diventato anche vuoto decisionale. Alla Regione, dove abbiamo perso tutte le risorse europee, il dibattito si è concentrato più sui nomi degli assessori che sui fatti. Le sfide che abbiamo davanti riguardano la capacità di conciliare l’esigenza di risanamento con quella di sviluppo. In Sicilia c’è la necessità di porre il tema della qualità della rappresentanza in tutte le sedi. Per rispondere a quel chi siamo, noi non vogliamo essere un partito che decide in fretta e senza confronto”.
Più che mai è il Pd dello Stretto che si pone quelle domande, anche su richiesta degli stessi elettori che in questi 2 anni hanno iniziato a guardare altrove. Il dibattito si è soffermato proprio sullo strano caso dell’unico Pd d’Italia che in questo momento non solo agonizza ma rischia di perdere alle amministrative di fine maggio, ed è l’unico Pd d’Italia che non riesce ad incidere nelle decisioni dell’amministrazione e nella vita politica della città. E’ un Pd rimasto paralizzato ai fatti del 2013 ed ostaggio di una vecchia gestione. Interessanti in questa direzione gli interventi di Filippo Panarello, Giacomo D’Arrigo, Alessandro Russo, Francesco Barbalace, Lillo Oceano e di quanti hanno sottolineato l’impellenza di un cambiamento, di uno scongelamento collettivo.
“C’è un Paese lacerato che viene da 7 anni complicatissimi- ha concluso Speranza senza però mai toccare i temi siciliani e messinesi- In questi 7 anni il Pil è sempre stato con il segno “meno”, la disoccupazione è quasi raddoppiata. Il sistema politico attuale è figlio di questi 7 anni, Grillo, Salvini, Berlusconi sono figli di questi 7 anni di crisi. Di fronte a questi populismi il Pd è l’unico a poter vincere la sfida, se apre alle spinte riformiste interne. Se non regge il Pd l’Italia non ce la fa. In quest’anno abbiamo dato risposte ai primi “pezzi” d’Italia, con la manovra degli 80 euro e l’Irap lavoro, adesso dobbiamo pensare ad una misura universale di contrasto delle povertà, per dare risposte ad altri pezzi. Esiste la differenza tra destra e sinistra, eccome. Ed è su scelte come questa. Certo, se la Camusso attacca il Pd e Bondi lo elogia allora c’è qualcosa che non va, ma non dobbiamo parlare di scissione, quanto di confronto. Alla fine di ogni incontro mi fermano sempre 40enni, 50enni e la domanda immancabile è: “mio figlio che fine fa?”. Mi fermano i 60enni e mi chiedono “mio nipote che fine fa?”. E’ a loro che dobbiamo dare queste risposte. E può farlo solo il Pd, questo Pd che ha già cominciato a farlo. Quella foto, Berlusconi, Salvini e Grillo rappresentano un’anomalia in Europa e se vincono loro perderemo in credibilità”.
Si ritorna quindi alle domande di Grioli, da dove veniamo e dove andiamo. Per Speranza, che pure si è dimesso, non ci sono dubbi sul dove andiamo “andiamo col Pd e nel Pd”, è sul chi siamo che occorre correggere il tiro, per aprire il partito alle spinte riformiste ed al dialogo.
Rosaria Brancato