E’ un “cavillo”, o forse sarebbe meglio definirlo un dettaglio, comunque un intoppo burocratico a salvare ancora una volta “mister doppio incarico” Buzzanca dall’ennesimo ricorso contro le sue due poltrone: quella di deputato regionale e quella di sindaco di Messina. Una posizione che la Corte Costituzionale, con sentenza numero 142 del 28 aprile del 2010, ha definito chiaramente: «le cariche di amministratore di enti locali, assessori compresi, con più di 20mila abitanti e di deputato regionale sono incompatibili e non possono essere in alcun modo cumulate». La questione sarebbe di una semplicità quasi elementare se non ci trovassimo in un Paese (e in una Regione) in cui è altrettanto elementare come la Casta punti sempre a salvaguardare sé stessa. Va ricordato, allora, che è una “leggina” approvata ad inizio 2009 dall’Ars (su proposta dello stesso Buzzanca e di una manciata di altri deputati) a tenere a galla il primo cittadino di Messina e chi è nelle sue stesse condizioni. Leggina che rinvia, ormai lo sanno pure le pietre, al terzo grado di giudizio l’obbligo di optare per l’una o per l’altra carica.
Nel caso che vi raccontiamo oggi, però, non è stato nemmeno necessario scomodare la “leggina”. Il ricorso, passato quasi sotto silenzio, è stato presentato il 20 maggio scorso da un’altra cittadina messinese, Isabella Salzillo, attraverso l’avvocato messinese Mariagrazia Alessandro e la collega palermitana Caterina Longo. Nel “mirino” Buzzanca, difeso dall’ormai inseparabile Marcello Scurria e dal legale i Palermo Carmelo Belponer, ma anche l’Ars e la Regione. La ricorrente evidenziava qualcosa di chiaro e lampante: l’incompatibilità per Buzzanca tra le cariche di sindaco e di deputato. E lui, Buzzanca, si costituiva subito, chiedendo di sospendere il giudizio: se volete – questo il concetto – sollevate una questone di legittimità costituzionale della “leggina”. Eccolo, lo scudo, alzato subito per evitare guai. Ma come detto, non è stato nemmeno necessario. Il ricorso, infatti, è stato notificato dalla ricorrente alla controparte troppo tardi, dopo i dieci giorni consentiti dalla legge. Per questo il giudice Francesco Caccamo della prima sezione civile del tribunale di Palermo ha dichiarato «improcedibile» il ricorso della Salzillo. E tutti a casa.
Il ricorso che, finora, ha più degli altri fatto “tremare” Buzzanca è stato quello dell’ormai famoso Vincenzino Salimbeni, tramite l’avvocato Antonio Catalioto. A far discutere è stata la prima sentenza, del 17 novembre 2010, con la quale, pur stabilendo che Buzzanca non poteva decadere da sindaco, i giudici dichiaravano «la sussistenza di una causa di incompatibilità tra la carica di deputato della Regione Sicilia e di sindaco del comune di Messina di Buzzanca Giuseppe». Un qualcosa “in più” che ha costretto proprio Buzzanca, anzi, la cittadina che si costituì a suo sostegno tramite l’avvocato Bonny Candido, a ricorrere in appello, che però ha respinto il ricorso. Il prossimo passaggio sarà in Cassazione, ma il vero bivio sarà il 4 ottobre, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà anche sulla “leggina” salva-Buzzanca, sulla causa di incostituzionalità sollevata dallo stesso Catalioto. L’esito di quella pronuncia pare scontato, ma nel Paese della Casta, ormai, nulla è davvero scontato.