«Gravemente lesiva della dignità dei messinesi». “Vento dello Stretto”, l’Associazione “Amici del Museo”,Fare Verde ONLUS e il network “ZDA-Zona d’Arte Zona Falcata”, insieme al Dott. Franz Riccobono e all’ Arch. Nino Principato, riassumono così il significato della riproduzione del dipinto “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna”, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Comunale di Messina, Emilia Barrile, e al presidente della VIII Commissione Consiliare “Cultura” del Comune di Messina,
Piero Adamo.
Il quadro, che da più di vent’anni si trova esposto su una parete della Sala del Consiglio Comunale di Palazzo Zanca e il cui originale si conserva al Museo del Prado di Madrid, fu dipinto nell’anno in cui si concluse la rivolta antispagnola, scoppiata a Messina tra il 1674 e il 1678. Il ritorno degli Spagnoli in città determinò tra l’altro la sottrazione di ben 1426 pergamene che documentavano la storia civile e i privilegi concessi alla città a partire dall’epoca normanna, che ancora oggi si trovano in Spagna.
Messina è allegoricamente raffigurata al centro del dipinto in sembianze di donna con in testa una corona a tre torri, antico emblema civico, e nuda perché spogliata di tutti i suoi privilegi, che invoca clemenza alla Spagna, anch’essa in sembianze femminili mentre rientra in possesso della corona e della città.
La Città ribelle, poi domata, venne dichiarata dalla Spagna “morta civilmente” ed ebbe soppresse tutte le sue Istituzioni civiche che l’avevano resa opulenta e famosa in tutta Europa: la Zecca, il Senato, l’Università, l’Ordine dei Cavalieri della Stella… ecc.
«E’ evidente che un’opera con tale significato non può e non deve trovare posto nella sala del Consiglio Comunale della Città», scrivono i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni che, ribadendo la posizione studiosi della storia della città, propongono che la stampa venga rimossa e sostituita dalla grande tela “La Battaglia della Darsena”, dipinta da Letterio Subba a metà ottocento. L’opera, che rientra nella collezioni del Museo Regionale “M. Accascina” di Messina, è attualmente in deposito temporaneo in una sala del Teatro Vittorio Emanuele di Messina.
«Anche il pannello di fronte ad “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna”», si legge nella nota, «seppur non oltraggioso ed infamante come il primo, certamente non merita di campeggiare nella sala del Civico Consesso. Ed infatti, quest’ultimo quadro – una stampa anch’essa di scarsa qualità – raffigura la “Inaugurazione del Parlamento a Palermo nel 1671” di Filippo Giannetto, evento importante ma che certamente poco ha a che vedere con la storia di Messina. In questo caso, lo spazio reso libero dalla sua rimozione potrebbe essere arricchito con la riproduzione dei cinque stemmi araldici che nei secoli hanno rappresentato la città, o, attraverso un concorso di idee, con un’opera che rappresenti la bellezza della Falce e la grandezza e le potenzialità di Messina come Città di mare e portuale».
All'iniziativa plaude anche l'associazione La Sicilia ai siciliani: "Suggeriamo che l’“Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna” potrebbe essere sostituita da una raffigurazione del Vespro o delle V giornate di Messina". Contrarietà, invece, per ciò che concerne l'altro quadro: "L’associazione che sosterrà fino alla fine questa battaglia a fianco di tutti coloro che la porteranno avanti si trova tuttavia sorpresa nel vedere coinvolta la rimozione del quadro che rappresenta l’ “Apertura del Parlamento siciliano a Palermo” del 1671. Riteniamo, infatti, che questo quadro faccia parte della storia della nostra città poiché Messina ebbe un ruolo fondamentale nella nascita e nella rappresentanza di quello che è il parlamento più antico del mondo".