Il pianista Andrea Padova, già esibitosi più volte a Messina, è stato ancora protagonista come solista al Palacultura per il ciclo “Il romanticismo musicale: Progetto Chopin”, a cura dell’Accademia Filarmonica, in una esecuzione di brani di Chopin, Liszt, Ravel e Debussy.
La prima parte del concerto è stata dedicata tutta a Chopin, di cui Padova ha eseguito brani appartenenti all’ultimo periodo compositivo del musicista polacco. Dopo l’esecuzione del Preludio in do diesis op. 45, un brano pubblicato da solo, non facente parte dei celebri 24 preludi op.28, nel quale Chopin è impegnato nello sviluppo di nuove sonorità, anticipando con evidenza la musica di Debussy, è stata la volta di due celebri valzer, il Valzer in do diesis min. op. 64, n. 2, e quello in la bemolle op. 69 n. 1. Mentre Il primo fa parte dell’ultima produzione chopiniana (scritto negli anni 1846 -1847), e si distingue per il suo carattere malinconico, con un terzo tema, oltre i due principali, intriso di stupendo lirismo, il secondo valzer, – pubblicato dopo la morte del compositore, come tutti i brani recanti numero d’opus da 66 in poi – in realtà fu composto intorno al 1835, pertanto non appartiene all’ultimo Chopin, a parziale contraddizione del titolo assegnato al concerto. Il “Notturno in si maggiore” op. 62, n. 1, eseguito dopo i valzer, fa parte dell’ultimo gruppo di due notturni composto dal polacco, e presenta alcuni momenti di estrema raffinatezza, soprattutto nella coda finale, avvolta da prolungati trilli che creano un’atmosfera estatica. Finalmente il piatto forte dell’intero concerto: la “Barcarola in fa diesis maggiore” op. 60, certamente uno dei sommi capolavori di Chopin e dell’intera letteratura pianistica. La barcarola è un genere musicale affrontato da diversi musicisti – si pensi a Mendelsshon, Cajkovskij, Faurè, che intende evocare i canti dei gondolieri lungo i canali di Venezia. Chopin non visitò mai la città della laguna, e il capolavoro da lui creato, come affermò un critico, trasporta “l’ascoltatore lontano dall’Italia, verso l’innominato mondo dei sogni del poeta” (A. Hedley). La ricchezza e arditezza armonica, la presenza di anticipazioni impressionistiche (non è un caso se Ravel adorava questo brano), unite a momenti di intenso lirismo, il tutto con l’accompagnamento cullante della mano sinistra tipico delle barcarole, ne fa un unicum nell’intera produzione del maestro. Anche lo “Scherzo in mi maggiore” n. 4 op. 54, brano che ha concluso la prima parte del concerto, fa parte dell’ultimo Chopin; è una pagina di difficile esecuzione, ricca di ornamentazioni e passaggi di ardua difficoltà tecnica nei movimenti estremi, mentre la parte centrale è un dolcissimo canto sognante, tipicamente chopiniano. Il filo conduttore che il pianista ha voluto condurre per arrivare all’impressionismo passa per Franz Liszt, di cui Padova ha eseguito, nella seconda parte del concerto, il grazioso Premiere Valse Oublièe, e soprattutto “Les Jeux d’eaux à la Villa d’Este”, tratto da Anni di pellegrinaggio, un brano con forte componente virtuosistica, un po’ fine a se stessa, che offre l’occasione per i pianisti di esibire la propria tecnica. Stesso discorso vale per “Jeux d’eaux” di Maurice Ravel, del quale il quasi omonimo brano di Liszt costituisce il naturale precedente. La pagina di Ravel tuttavia riveste una maggiore importanza nell’evoluzione della tecnica dello strumento, attraverso il quale il musicista francese riesce a creare, con un pianismo leggero e cristallino, una peculiare atmosfera ispirata, come scrisse lo stesso autore, “ai suoni musicali di getti, cascate e ruscelli”. Si arriva finalmente all’impressionismo con Claude Debussy, di cui Padova ha eseguito uno dei brani più celebri, “Clair de lune”. La pagina costituisce il terzo movimento della Suite Bergamasque, un brano ispirato al mondo delle maschere, come il titolo stesso ci fa capire (è di Bergamo la maschera più popolare, Arlecchino). Lo splendido brano, giustamente famoso e presente in innumerevoli film, rende meravigliosamente l’atmosfera della luna che alla sera illumina i volti pallidi delle maschere, come un sogno incantato, in cui i delicatissimi arpeggi avvolgono il tutto come per magia. Ha concluso il concerto L’”Isle Joyeuse”, un brano di Debussy ispirato a un quadro di Watteau intitolato L’embarquement pour Cythere – imbarco verso Citera, l’sola della gioia, una pagina brillante, fluida, a volte quasi atonale, sicuramente raffinata.
L’esecuzione di Chopin da parte di Andrea Padova è stata sobria ed essenziale, senza indugiare troppo nei momenti lirici, sottolineando forse gli aspetti più moderni del pianismo chopiniano, talora forse a scapito dell’elemento passionale che è comunque sempre presente nella musica del poeta del pianoforte. Con sufficiente sicurezza sono stati eseguiti i brani degli altri autori, anche se talora il suono nei passaggi più rapidi non è apparso limpidissimo. Il brano di Debussy, difficile e faticoso dal punto di vista tecnico, ha rubato tutte le energie al pianista, il quale, interloquendo con il pubblico, ha rappresentato la difficoltà di eseguire un bis. L’artista ha comunque bissato con due brevi pagine, una propria composizione, di natura jazzistica, una pagina lenta e compassata, ed una brillante sonata di Scarlatti, tecnicamente non certo facile.
Giovanni Franciò