Sabato si è tenuto l’ultimo concerto della stagione concertistica delle Associazioni Musicali Riunite Accademia Filarmonica e Vincenzo Bellini (a parte quello dedicato a Corsaro, che verrà recuperato il 14 maggio) e possiamo sicuramente affermare che è stata una conclusione in bellezza, uno dei concerti più entusiasmanti fra quelli tenutisi quest’anno al Palacultura. Merito di una straordinaria coppia di artisti, la pianista Gloria Campaner, che già più volte abbiamo avuto modo di apprezzare, e lo straordinario violoncellista tedesco Johannes Moser, per la prima volta a Messina.
Dopo un breve brano di Ottorino Respighi, “Adagio con Variazioni P. 133” di carattere melodico, con il violoncello grande protagonista per gli intensi assolo, è stata la volta della celeberrima Sonata in la maggiore per violino e pianoforte di Cesar Franck, nella versione per violoncello curata da Jules Delsarte. La sonata di Franck si può considerare senz’altro il suo capolavoro nell’ambito della musica da camera, ove il musicista belga realizza in maniera compiuta la sua concezione musicale della forma ciclica, con il primo tema che ricompare più volte nel corso dell’opera. L’unitarietà della concezione che ne deriva è magistrale, e il carattere appassionato del brano si mantiene sempre nei limiti di un perfetto equilibrio formale. In quattro movimenti Allegretto ben moderato; Allegro – Quasi lento – Tempo I; Recitativo/fantasia; “Allegretto poco mosso”, tutti di elevato spessore artistico, ci piace porre l’accento in particolare sull’ultimo, splendido, con un tema che da grazioso e tenero nella sua esposizione diventa appassionato nello sviluppo, fino all’indimenticabile finale. La versione per violoncello conferisce alla celebre sonata, fra le più eseguite nelle sale da concerto, un carattere più drammatico, ma forse le fa perdere qualcosa in brillantezza e fluidità. Rimane ovviamente intatta la splendida partitura riservata al piano, interpretata con eleganza e delicatezza dalla Campaner, precisa e impeccabile, anche se talora è sembrata poco incisiva, forse perché sovrastata da questo eccezionale violoncellista, che ha offerto un’interpretazione intensa e appassionata.
Nell’intervallo il presidente dell’Associazione V. Bellini, Ramires, nel salutare il pubblico, ha giustamente ricordato i grandissimi violoncellisti che hanno calcato le scene delle sale da concerto messinesi, Fournier a Filippini e ovviamente, Rostropovich, ai quali si può adesso aggiungere Johannes Moser. Salito sul palco anche il presidente dell’Accademia Filarmonica, Minasi, i due hanno ricordato i prossimi eventi, fuori stagione: tre concerti a luglio presso l’Arcivescovado e una festa della musica alla Marina di Nettuno.
La seconda parte del concerto è stata dedicata alla Sonata n. 1 in mi minore op. 38 per violoncello e pianoforte di Johannes Brahms, nei movimenti Allegro non troppo; Allegretto quasi Menuetto; Allegro. Si tratta della prima sonata di Brahms per violoncello e pianoforte (ne compose due) la prima in assoluto composta dal musicista tedesco una coppia di strumenti. Finita nel 1865, anno della morte della madre, la sonata risente chiaramente, soprattutto nei primi due movimenti, del tragico evento. Infatti il primo movimento ha un carattere doloroso, con un incipit, da annoverare fra i più belli nel campo dei brani da camera del musicista, intriso di tristezza e inquietudine. Anche il secondo movimento, una sorta di minuetto sui generis, contiene, nella parte centrale, un trio di una infinita dolcezza, malinconico e triste, anche se composto ed equilibrato. Il movimento finale presenta un fugato in contrappunto, un omaggio a Bach, inserito in una forma sonata, seguendo il modello del suo illustre predecessore, Beethoven, che ha sperimentato per primo questa commistione forma sonata – fuga proprio nella sonata per violoncello op. 102 n. 2 (anch’essa ascoltata quest’anno durante la stagione concertistica). L’esecuzione del brano è stata strepitosa, la Campaner ha interpretato in maniera perfetta la sonata, che riserva al pianoforte un ruolo particolarmente impegnativo. Moser, del quale si è appreso dalle note al programma la sua particolare predilezione per la musica di Brahms, conosciuto dal suo bis-nonno, ha fornito un’interpretazione di una tale intensità che rimarrà a lungo impressa nei ricordi dei fortunati spettatori (ne sono sicuro, avendo parlato con molti di loro alla fine del concerto). Meraviglioso e commovente in particolare il modo con cui il violoncello ha “cantato” la dolce melodia dell’episodio centrale del secondo movimento. Applauditissimi, i due artisti, dopo aver ringraziato il pubblico, hanno concesso un bis: “Il cigno”, il più celebre dei brani del Carnevale degli animali di Camille Saint-Saens, un “must” per il repertorio di ogni violoncellista, un brano dolcissimo e melodioso, da tutti conosciuto, che ha letteralmente incantato i presenti: non c’era modo migliore per concludere il concerto e la stagione.
Giovanni Franciò