Ancora una volta l’Atm diventa terreno di scontro. Anche di fronte ad una notizia potenzialmente positiva, come la sentenza che vede l’azienda di via La Farina vittoriosa nei confronti della Regione. E se da un lato c’è chi ha accolto la notizia puntando il dito contro chi ha esultato immotivamente, come il presidente Campagna, dall’altro c’è chi invece legge in questa decisione una vittoria, come l’ex assessore Cacciola. Che ringrazia gli avvocati Alberto Ciccone e Fabio Petrantoni che hanno seguito con passione e competenza tutta la vicenda giudiziaria.
Insieme al movimento Percorso Comune, per Cacciola questa sentenza sancisce definitivamente la corretta gestione della passata amministrazione. «Il percorso è stato difficile, irto di insidie e costellato di tanti sacrifici, sia da parte dei lavoratori che da parte della gestione, oculata e competente, a testimonianza che quando si ha come obiettivo il servizio ai cittadini qualunque sacrificio prima o poi è premiato dai risultati. Il resto è solo fango che ritorna su chi lo ha sparso».
Cacciola spiega perché i 10 milioni di contributi chilometrici riconosciuti ad Atm per gli anni 2012-2016 sono importanti. Così come lo sono le ulteriori somme dovute dall’Assessorato per gli anni dal 2017 al 2019. Aggiungendo che Peraltro, il Comune deve ad Atm il rimborso della somma corrisposta e da corrispondere dalla Azienda quale quota mutuo per il trasferimento dell’immobile di Via La Farina, rimasto in proprietà al Comune.
«Considerato che i bilanci negli anni 2013/2016 della gestione Foti-Cacciola sono stati esitati in pareggio, l’importo suddetto e quello dovuto per gli anni successivi costituiscono certamente un utile. Il bilancio 2017 reca un saldo passivo inesistente, sia perché va rimodulato in esito alla decisione del Tribunale di Messina, sia perché non è sussistente il debito IVA per le ragioni rassegnate dal Giudice. L’IVA, infatti, non è dovuta dalla Regione e dal Comune sui contributi chilometrici erogati in data anteriore al contratto di servizio (1/2/2016) e non deve, quindi, essere riversata da Atm all’Erario, come erroneamente indicato nel bilancio 2017» spiega Cacciola.
Inevitabile l’attacco a Campagna: «Al netto della situazione debitoria anteriore all’anno 2013, che va attribuita alla precedente gestione e che è stata inserita nel piano di riequilibrio, l’affermazione del Presidente Campagna, secondo cui negli anni della gestione Foti si sarebbe verificato un disastro economico-finanziario, costituisce un evidente maldestro espediente per supportare la richiesta di messa in liquidazione di una Azienda risanata sia sotto il profilo contabile che in termini di efficienza. E non dimentichiamo che i chilometri li percorrono i lavoratori e non gli amministratori».
Percorso Comune si rivolge alla deputazione messinese affinché intimi alla Regione di corrispondere quanto dovuto anche per gli anni successivi al 2016, per immettere liquidità nella Azienda ed evitare situazioni di emergenza.
Una reazione è arrivata anche dall’aula del consiglio comunale che ha votato la messa in liquidazione dell’azienda. A parlare sono stati i consiglieri comunali del Pd Calabrò, Antonella Russo, Gioveni e Gennaro che ritengono che i 10 milioni potrebbero avere delle conseguenze di non poco conto sulle condizioni di bilancio che hanno condotto il Consiglio comunale a deliberare l’avvio della procedura di messa in liquidazione.
Per questo i consiglieri hanno chiesto che la Commissione Bilancio e Società Partecipate inviti in una urgentissima seduta sia l’Amministrazione comunale che i nominati Commissari liquidatori, affinché riferiscano all’Aula in merito alle conseguenze che tale pronunciamento giudiziario riverbera sul mantenimento delle condizioni economiche e amministrative che avevano condotto alla iniziale proposta di messa in liquidazione dell’Atm di Messina.
Tra chi esulta ovviamente anche il movimento accorintiano MessinAccomuna: «Vincono l’amministrazione Accorinti e la gestione Cacciola-Foti. Esce sconfitta la linea politico-amministrativa di De Luca, che aveva fatto tabula rasa delle precedenti scelte, denunciando una inesistente condizione di ingestibilità dell’Atm e pretendendone da parti sociali e Consiglio la liquidazione.
Sconfitto anche il coro dei “devoti” (dal presidente Campagna al rinnovato Collegio dei Revisori, ad alcuni sindacati “duri, puri e proni”), lì a echeggiare paroloni e giudizi apocalittici e ad annuire alle accuse di “associazione a delinquere” lanciate alla precedente amministrazione. Ci fosse senso della misura, onestà mentale, semplice buona educazione, qualcuno chiederebbe scusa. Dubitiamo che ciò accada, ma non disperiamo.
Campagna (che adesso quasi si lamenta di aver vinto, agitando fantasmi sui diritti dei lavoratori e mostrando ancora di non essere all’altezza della gestione di un’azienda di grandi dimensioni) dovrebbe dimettersi. Da presidente ATM aveva dichiarato questa “una causa persa”. Contro ogni logica e contro gli interessi dell’azienda da lui guidata, aveva detto in sostanza che riteneva giusto che Messina ricevesse rimborsi per chilometro inferiori rispetto a Palermo e Catania.
L’Amministrazione De Luca aveva fatto di più. Pur certificando in delibera uno “squilibrio debiti-crediti” di ATM di 29 milioni (3 in meno di quanto a suo tempo inserito nel piano di riequilibrio da Accorinti), aveva caricato sui messinesi 81 milioni per ATM, imponendo alla città oltre 50 milioni di tagli non dovuti e non necessari. Il Consiglio Comunale aveva avallato e approvato. Questa sentenza fa giustizia del polverone sollevato da De Luca con l’unico obiettivo di liquidare un’azienda pubblica che aveva rilanciato il servizio dopo anni di abbandono totale.
Adesso occorre che il Consiglio Comunale riveda in maniera integrale la linea politica su ATM e partecipate, allontanandosi dalle proposte dell’Amministrazione, che moltiplica società, cda, organi amministrativi nel più irresponsabile solco della politica comunale dei decenni scorsi.