Quando gli avvocati si sono presentati per l’udienza in Aula bunker hanno trovato la fila agli ingressi: “Sono quelli del Comitato”, si sono sentiti rispondere. Alla ripresa del processo Corsi d’oro i protagonisti del giorno sono stati proprio loro, quelli del “Comitato Francantonio Libero”, tra sostenitori del deputato, alcuni operatori della formazione e soprattutto i fedelissimi dell’area genovesiana che con la presenza ufficiale in Aula hanno voluto serrare le fila. Se ad indossare le magliette in stile “Free Francantonio” sono stati i più sconosciuti, a voler pubblicamente sottolineare la vicinanza al deputato in carcere da gennaio, sono stati alcuni consiglieri comunali, il gruppo dei fedelissimi genovesiani: il capogruppo Paolo David, Simona Contestabile,Benedetto Vaccarino, Francesco Pagano, Carlo Cantali, Giuseppe Santalco, Nicola Cucinotta che ha spiegato a nome di tutti: “siamo in silenzio, vogliamo capire quali sono le contestazioni di un processo che riguarda tanti lavoratori ed è anche una dimostrazione di affetto nei confronti di Genovese”) nonchè numerosi consiglieri di quartiere. Con loro c’era anche il candidato sindaco alle amministrative del 2013 Felice Calabrò e l’ex city manager Emilio Fragale che nelle scorse settimane ha lanciato appelli ed ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica Mattarella e al Presidente del Consiglio Renzi per la scarcerazione del parlamentare. Non è un caso che si siano ritrovati a Gazzi tutti insieme, così come non è un caso che la lettera-appello Fragale l’abbia accompagnata ad un invito a firmare pubblicamente il sostegno e ad uscire allo scoperto. Al di là degli aspetti strettamente legati alla presunzione d’innocenza ed alla carcerazione preventiva, sui quali non si discute, le ultime mosse hanno un unico denominatore: l’area Genovese prova a contarsi e a serrare la fila.
Mentre il Pd è “ostaggio” da due anni delle vicende legate alle inchieste del leader del partito ed alla sconfitta amministrativa, l’area che ha mantenuto saldamente in mano un potere monolitico continua a non voler fare i conti con il confronto e con l’analisi di tutti gli errori commessi. Se per i primi mesi c’è stato il tentativo di cambiare il nome in “Area Dem”, adesso appare chiaro che i genovesiani non rinnegano chi li ha guidati in questi anni e che secondo loro dovrebbe continuare (anche indirettamente) a guidarlo, o meglio a guidare quelle spoglie che ormai restano del partito. La via I settembre per molti è ancora la “sede” di un Pd che non vuole voltare pagina, al di là degli esiti del processo in corso.
Le amministrative di fine maggio stanno vedendo le truppe schierate per “tastare” le forze ed a Milazzo i genovesiani sono al fianco di Carmelo Pino, sindaco uscente, che dovrà vedersela con l’alleanza mista Picciolo-Panarello-Germanà-renziani che hanno puntato su Giovanni Formica. Sarà il banco di prova per pesarsi. Sarà soprattutto una prova generale di quella temuta Opa di Picciolo al Pd. Nonostante il Pd di Messina sia l’unico immobile mentre in tutta Italia il partito renziano vola, i fedelissimi non intendono retrocedere di un passo ed anzi, sono pronti a mantenere le redini di quel che resta, incuranti sia di quel che pensano gli elettori di sinistra ma soprattutto di quali siano i veri problemi della città e dei messinesi. E’ indubbio infatti che ai messinesi, alle prese con la fame e con la precarietà, non interessi affatto l’esito del processo per i Corsi d’oro, mentre interessi di gran lunga di più come arrivare a fine mese o se i loro figli dovranno far bagagli domani mattina. Dovrebbe essere più urgente e prioritario per un partito interessarsi dei problemi della gente piuttosto che di quelli dei leader coinvolti in inchieste giudiziarie. Più che un Comitato Francantonio Libero la città avrebbe bisogno di cento, mille Comitati Messina Libera dalle emergenze ed è triste accorgersi che questa classe dirigente del Pd non lo capisca e guardi ad altro. Se le amministrative 2013 sono state una batosta un motivo ci sarà, un messaggio i messinesi a questo Pd l’avranno pur voluto mandare. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Il Pd è chiuso in una gabbia dalla primavera del 2013,nonostante le proteste si levino da più parti. Ed è in gabbia con la complicità dei vertici regionali e dei vertici provinciali che dall’ottobre 2013 hanno utilizzato il segretario provinciale Basilio Ridolfo per non cambiare niente, congelandolo e scongelandolo a piacimento. La complicità in queste manovre gattopardesche è stata dello stesso Ridolfo che ha più volte minacciato e presentato le dimissioni rassegnandosi poi ad un ruolo più figurativo che reale e che a marzo scorso ha tuonato: “o si fa il congresso o mi dimetto”, autozittendosi dopo gli annunci. La complicità è anche di Panarello e Laccoto che non intendono muovere foglia in attesa delle urne e soprattutto nei timori di quanti, da Picciolo a Germanà, sono in dirittura d’arrivo. Renzi ha rottamato il Paese ma Messina è il castello della Bella Addormentata. I genovesiani serrano le fila in vista delle prossime battaglie sia nel partito che fuori, molti contando di diventare delfini o eredi, incuranti del fatto che, possibilmente, non è affatto detto (anche per motivi di Statuto) che restino nel Pd e non siano costretti a virare verso Forza Italia, il cui leader Berlusconi ha sempre fatto della battaglia alla “magistratura ingiusta” un leit motiv.
Nel provvedimento di rigetto della richiesta di scarcerazione i magistrati hanno chiarito che una delle motivazioni è legata al fatto che il parlamentare non si è dimesso. I giudici hanno chiarito che fin quando resterà deputato continuerà a godere delle guarentigie che la Costituzione assicura ai parlamentari e che pertanto, qualora venisse scarcerato, comporterebbero la necessità di richiedere le autorizzazioni a procedere in caso di perquisizioni, etc.. In sostanza se vuole essere scarcerato, dicono i magistrati, deve rinunciare alle immunità proprie del deputato ed essere trattato come un cittadino comune.
Al di là del profilo strettamente giuridico e giudiziario, la nascita del Comitato Francantonio Libero e la presenza dei fedelissimi al processo ha un significato politico (oltre che ovviamente umano), ed è il segnale che un gruppo dirigente vuol mandare all’esterno e per di più alla vigilia delle elezioni.
Certo, c’è da chiedersi se creare un Comitato e stampare magliette Free Francantonio da indossare in occasione delle udienze, sia davvero una mossa strategica e non invece un boomerang sotto il profilo dell’immagine. Al di là delle intenzioni più che un gesto a favore del parlamentare in carcere rischia di essere un danno. Un Comitato per Francantonio Genovese nella città devastata dalla disoccupazione, dalla precarietà, dagli scandali, da decenni di malapolitica, rischia di avere il sapore della beffa e di essere uno schiaffo ai cittadini.
Rosaria Brancato