Si chiamano Aziende Recupero Crediti ma, agli occhi degli italiani, sono sempre state identificate come il male del secolo.
In realtà, esse svolgono il lavoro puro e semplice per cui sono nate: agire per conto di terzi, identificare i consumatori-debitori e tentare di recuperare i crediti che, secondo legge, devono essere “certi, liquidi ed esigibili”.
Nel caso in cui il debitore, poi, persista nel non-pagamento, tali Società possono utilizzare lo strumento della citazione in giudizio.
Accade che, però, in uno Stato ormai ridotto letteralmente alla fame, gran parte dei consumatori-debitori non sia in grado di adempiere al suo impegno contrattuale e quindi, in sostanza, non abbia i soldi per onorare il suo debito.
Succede che, allora, essi abbiano la possibilità di rivolgersi all’Antitrust sperando che l’Agenzia a tutela del consumatore per antonomasia, ritenga il comportamento della Società di Credito lesivo e, pertanto, proceda a sanzione.
E’ questo, in sintesi, quello che è accaduto alla Fire SPA, l’azienda che opera nel settore da più di 15 anni e che, lo scorso 2 settembre, si è vista comminare una multa di ben 300mila euro.
L’accusa, nello specifico, veniva identificata nella frase Pratica Commerciale Aggressiva.
La Fire però ritiene ingiusta la multa e, attraverso un comunicato inviato stamani, rende noto l’imminente ricorso al TAR del Lazio.
“L’attività da noi svolta – si legge – non può ritenersi né aggressiva né temeraria: il consumatore-debitore non viene indotto ad adempiere la prestazione per non esporsi a un contenzioso giudiziario, piuttosto, a quest’ultimo, consapevole della sussistenza del proprio debito, viene legittimamente richiesto di soddisfare le giuste ragioni del creditore e quindi di adempiere ad un impegno contrattualmente assunto”.
Insomma, se chi deve pagare non paga (nonostante vengano offerte “soluzioni di pagamento quanto più favorevoli possibile”), allora citare in giudizio è un diritto legittimo dell’azienda. O no?
“Siamo fiduciosi – dichiara il Presidente della Fire Sergio Bommarito – che dinnanzi al Tar venga accertata l’osservanza da parte dell’azienda di una procedura rispettosa dei diritti del consumatore e dei principi di correttezza professionale. Tuttavia la sensazione è che il protrarsi della crisi economica e il conseguente clima di tensione nel Paese stiano determinando un atteggiamento sfavorevole per i creditori che sono tutte aziende che danno da vivere a migliaia di lavoratori e devono poter recuperare quanto a loro dovuto senza correre il rischio di essere sanzionate quando agiscono sulla base di un credito legittimamente vantato”.
Da un lato, dunque, i debitori che non riescono ad arrivare a fine mese, figuriamoci a pagare i loro debiti. Dall’altro lato, invece, i lavoratori delle aziende di recupero crediti che, se non svolgono il loro mestiere, non vengono retribuiti e anche per loro arrivare a fine mese risulta impossibile.
E poi, infine, coloro che sono debitori ma non vogliono (ben diverso dal “non possono”) adempiere ai loro doveri di pagamento. Talvolta anche a loro giunge la notifica di una citazione in giudizio, talvolta, invece, basta un simpatico condono.
Twitter @VCrocitti