Quattro anni e sei mesi di reclusione per Monica Mileti, l'infermiera accusata di aver ceduto la dose di eroina fatale ad Attilio Manca, l’urologo di Barcellona in servizio all’ospedale di Belcolle, trovato cadavere nel suo appartamento in via Santa Maria della Grotticella il 12 febbraio 2004.
La richiesta è stata avanzata oggi pomeriggio dall'Accusa, il Pm Auriemma, alla fine del processo in corso davanti al Giudice di Viterbo.
Contro la Mileti, secondo il magistrato che regge l'accusa, ci sono i tabulati con le tante telefonate tra lei e Attilio.
''Che Manca fosse un assuntore sporadico di sostanze stepefacenti – ha spiegato Auriemma – lo dicono le testimonianze di persone incensurate, tutti professionisti, con nessun interesse a mentire. Tutte le altre ricostruzioni su questa vicenda – ha sottolineato il procuratore – sono mere supposizioni fantasiose''.
Per la Mileti era stata chiesta l'archiviazione, alla fine degli accertamenti. Ma i giudici hanno deciso diversamente e il processo è andato avanti, arrivando ora alla fase finale. La sentenza è slittata al 29 marzo prossimo.
A tenere viva la memoria di Attilio, brillante urologo riconosciuto a livello internazionale, sono i familiari, la mamma Angelina in particolare, fulcro di tante iniziative antimafia che in questi anni hanno animato la provincia di Messina.
Per la famiglia Manca, la morte per overdose di Attilio è una farsa voluta per nascondere un'altra verità, e cioè il fatto che lui abbia curato Bernardo Provenzano, allora latitante in Francia. Attilio, testimone scomodo, è stato eliminato a soli 35 anni con la complicità di quelli che avrebbero dovuto essergli amici.
Fino a qui le inchieste e i processi non hanno trovato conferme a questa versione. Ma la famiglia Manca non si arrende.
Alessandra Serio