Si è parlato del fenomeno “Zoomafia” ieri mattina al Salone Delle Bandiere di Palazzo Zanca. Il convegno, che ha visto riuniti numerosi esperti, è stato organizzato dal meetup dei Grilli dello Stretto al fine di diffondere capillarmente la conoscenza di un fenomeno mafioso da sempre esistente ma costantemente posto su un grado di rilevanza molto basso dalle istituzioni e, di conseguenza, dai cittadini.
A discutere dell’argomento Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’osservatorio Zoomafia LAV, Francesco D’Uva, deputato M5S e componente della Commissione Antimafia di Montecitorio, Anna Giordano ambientalista e rappresentante della Onlus MAN e Vincenzo Di Marco Lo Presti , Capo Dipartimento Territoriale dell’istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia.
Il neologismo “zoomafia”, coniato 12 anni fa, è frutto del bisogno di avere un’unione concettuale e reale di tutte quelle attività delinquenziali che sono indirizzate a trarre profitto economico illecito dallo sfruttamento degli animali. Combattimenti tra cani, corse clandestine di cavalli, commercio illecito di cuccioli, contrabbando di animali esotici, bracconaggio, macellazione clandestina – per citare i più noti- non sono singoli eventi di entità secondaria all’interno della società internazionale come il senso comune percepisce, ma si tratta di un unico e sempre più ramificato strumento di espressione mafiosa le cui conseguenze sono reali e non trascurabili.
A rischiarne, prima fra tutte la salute e la sicurezza dei cittadini. Le sparizioni di bestiame e l’immissione di carni macellate clandestinamente sono eventi assai diffusi e assai rischiosi.
Ad evidenziare l’importanza dei controlli veterinari e del controllo sanitario è stato il dott. Di Marco Lo Presti, il quale ha spiegato che la Sicilia sia stata la regione con il 90% di casi di brucellosi e tubercolosi animale negli ultimi due anni.
“La mafia è un fenomeno totalitario, vuole controllare e gestire sistematicamente tutte le nostre attività. E’ per questo che la mafia nasce nelle campagne. Quale modo migliore se non dominare il territorio a partire dalla natura e dall’alimentazione?” così Ciro Traiano spiega il nesso tra il mondo mafioso e il mondo naturale. “La mafia nasce come movimento anti-ecologista per eccellenza”, continua.
Bisogna precisare, però, che, pur gravitando nell’universo mafioso, il fenomeno non si rifà direttamente all’esercizio di queste pratiche da parte dei clan mafiosi ma, piuttosto, ad un atteggiamento criminale che nasce dallo stesso background ideologico, violento e prevaricatore di vita.
L’atteggiamento mafioso esplicato nelle pratiche illecite che causano la sofferenza di animali è sicuramente un primo passo nel manuale del “come diventare mafioso”. Non è un caso che ad essere denunciati di reati di questa entità sia un cospicuo numero di minorenni e promettenti “uomini d’onore”. “Sono realtà dove, se non dimostri di saper uccidere un animale, non sai uccidere neanche un uomo”, spiega ancora il criminologo.
Numerosi passi avanti quelli fatti in Commissione antimafia riguardo la legislazione circa i fenomeni mafiosi anche in campo ambientale e animale. A discuterne l’on. D’Uva, il quale enfatizza il bisogno che la popolazione si indigni e reagisca di fronte a questi eventi. “Vi dirò una cosa che vi sconvolgerà: la legislazione antimafia è la migliore al mondo”, afferma il deputato.
Il problema, dunque, sarebbe dovuto alla non applicazione della legge altresì causata dalla frequente indolenza della società italiana. Le proposte e gli interventi sulla legislazione del deputato M5S in Parlamento e in Commissione Antimafia hanno mirato in gran parte proprio la materia “zoomafia”. La zoomafia, come detto, non ha sempre legami diretti con le cosche mafiose ed è per questo che bisogna che ad essere puniti non siano solo i “punciuti” ma anche gli appartenenti alla “Zona Grigia”, cioè coloro i quali pur non essendo dichiaratamente affiliati a una cosca mafiosa praticano la mafia come atteggiamento.
Un excursus circa la Onlus MAN –Associazione Mediterranea per la Natura- è poi stato fatto da Anna Giordano. L’ambientalista, sin da giovane impegnata nella battaglia contro il bracconaggio che falcidia rapaci che, migrando, nel loro lungo viaggiare, passano proprio sullo Stretto di Messina. Un enorme fortuna, a detta della Giordano, che contemporaneamente fa sì che la nostra terra sia stata negli anni uno dei più importanti punti di passaggio di rare specie di rapaci ma anche sede di bracconaggio spietato. La battaglia di MAN ha permesso che questo scempio sia, ad oggi, quasi del tutto fermato.
L’incontro a Palazzo Zanca, nonostante l’esiguo numero di cittadini presenti, ha sicuramente fatto emergere la portata del fenomeno e l’enorme contro-movimento che si è sviluppato e mobilitato negli ultimi decenni per combatterlo attraverso plurimi fronti.
Martina Galletta