Il 27 Marzo è stata presentata alla città la delibera dei beni comuni. L’atto amministrativo progettato dal Laboratorio dei Beni Comuni e siglato dalla Giunta Accorinti, prevede la messa al bando di proposte di autogestione per diversi stabili comunali non utilizzati o attualmente abbandonati. Facile parlare di “beni comuni” ma più difficile capire bene di cosa di tratta. I beni comuni nascono come un movimento contro culturale che vuole porre un’alternativa tra quella dicotomica di pubblico e privato a cui le burocrazie occidentali sono ormai assuefatte. Questa nuova forma mentis è stata battezzata nel 2011 in occasione della Costituente realizzata a Roma nel Teatro Valle Occupato patrocinata dal giurista Stefano Rodotà. Un movimento culturale poliedrico e multiforme, dunque, che a Messina, è stato recepito dalla Giunta che – fedele alle promesse enunciate nel corso della campagna elettorale – ha voluto incanalarlo nei parametri istituzionali regalando alla città un regolamento per la gestione e l’uso dei beni comuni. Dunque, cosa dice nello specifico il bando e quale sono le novità che implica nella gestione amministrativa del territorio urbano?
“Il Comune di Messina – si legge nella delibera – è interessato a promuovere il riuso di parti del proprio patrimonio edilizio non utilizzato o dismesso e delle aree di trasformazione come forma di politica urbana capace di attivare processi e ricadute di tipo culturale, sociale ed economico nella città. tale riutilizzo intende riproporre lo sviluppo di progetti legati al mondo della cultura, dell’associazionismo culturale e sociale di base, delle emergenti aggregazioni informali che curano e sviluppano appartenenza ai luoghi,con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di nuova occupazione o forme collaborative nell’economia, nuove forme di impresa e co-working, includendo anche artigianato, innovazione sociale, innovazione digitale e servizi socio-educativi alle fasce giovanili, degli anziani, dei disabili e degli stranieri”.
Tutto questo per perseguire i seguenti obiettivi: “la partecipazione di tutti i cittadini alla costruzione del bene comune e alla partecipazione della città bene-comune, l’accesso e la gestione dei beni comuni, la creazione di spazi di socializzazione in tutti i quartieri e i villaggi, anche attraverso il riuso e l’uso pomeridiano di scuole e palestre, destinate ad attività culturali, musicali, di lettura, sport e socializzazione, attivazione dei processi di liberazione degli spazi urbani, misure specifiche per lo sviluppo della vita di comunità nei quartieri, offerta di spazi alla creatività artistica giovanile, promozione dell’identità culturale e storica di Messina, valorizzazione delle biblioteche scolastiche, previsione di centri sociali in ogni quartiere della città, autogestione del patrimonio o delle aree comunali non utilizzate”.
Gli spazi coinvolti da quella che viene definita una sperimentazione, saranno selezionati tra cinque tipologie differenti: spazi inutilizzati e da recuperare; spazi destinati alla realizzazione di progetti specifici da parte di associazioni senza fini di lucro; spazi destinati per progetti di sviluppo della nuova imprenditoria e per progetti aventi finalità sociale; spazi in contesti di edilizia residenziale pubblica; spazi destinati all’uso condiviso e collaborativo per la sussidiarietà.
In questo modo, oltre a favorire la creazione di spazi culturali e di socialità alternativa su territorio urbano, il Comune punta al recupero di alcuni immobili che risultano attualmente non utilizzati, che necessitano di ristrutturazione, ma che il Comune non può sostenere per le note problematiche finanziarie.“Gli immobili individuati potranno essere messi al bando e assegnati anche a uso gratuito per una durata che verrà commisurata alla valutazione dei progetti e alla consistenza degli interventi, e comunque, per un periodo non superiore ai 20 anni”.
Si occuperanno dei bandi i Dipartimenti competenti, con il coordinamento del dirigente al marketing territoriale e pianificazione strategica del Comune. La valutazione della proposta, verrà effettuata secondo i seguenti criteri: qualità del progetto e coerenza,qualità del progetto di ristrutturazione, qualità del piano finanziario,esperienza dei proponenti e qualità del partenariato, inclusività e garanzia delle pari opportunità, risultati attesi e verificabilità dei benefici e dell’impatto sulla città. La delibera ricalca la proposta del Laboratorio dei Beni Comuni, con qualche piccola modifica che non incide sul contenuto sostanziale della proposta, come specifica il presidente del Laboratorio, Luciano Marabello.
Il Laboratorio dei Beni Comuni è stato istituito a sei mesi dall’elezione di Renato Accorinti con la delibera di giunta n.47 del 30.01.14, per essere poi regolamentato due mesi più tardi con la delibera n. 172 del 16.03.14. I beni da mettere a bando saranno almeno uno per circoscrizione, dunque per un minimo di sei. Una delle strutture già ipotizzate è il centro polifunzionale di San Filippo, chiuso da tempo immemore.
“E’ una delibera di indirizzo politico alle azioni amministrative dei dirigenti – spiega Luciano Marabello, presidente del Laboratorio dei Beni Comuni – serve ad avere un fondamento su cui siglare i bandi. È un primo step. Ho inviato già una lettera all’Amministrazione per richiedere una riunione operativa dopo Pasqua, per iniziare di individuare quali edifici e spazi. Bisogna fare mente locale per vedere su quali beni sono state già avviate richieste di finanziamento dai vari dipartimenti del Comune”. Soddisfazione viene espressa dal Movimento Cambiamo Messina dal Basso: “Messina, con questo ulteriore passo in avanti, approfondisce la sua sperimentazione di forme partecipative sempre più implementate nelle strutture istituzionali”. La delibera, inoltre, fa un riferimento specifico alla pratica del co-working, precedentemente approvata con la votazione all’unanimità di un ordine del giorno da parte del Consiglio Comunale di Messina.
Nel frattempo, a proposito di spazi culturali, l’assessore alla Cultura, Tonino Perna, ha proposto un atto di indirizzo, approvato dalla giunta il 24 Marzo, per la valorizzazione del complesso immobiliare che ricade nell’area dell’ex Macello da destinare a centro internazionale di teatro e drammaturgia contemporanea.
L’intento è quello di: “valorizzare e qualificare il complesso immobiliare che ricade nell’area dell’ex Macello destinandolo ad una programmazione culturale diversificata rispetto alle diverse aree arte, spettacolo, letteratura, con servizio ricettivo e ristorazione, purché consentito dalle normative vigenti e dalle caratteristiche architettoniche dell’edificio”. La proposta, ideata su suggerimento di diverse associazioni teatrali, potrebbe essere finanziata tramite fondi europei, non gravando, dunque, sulle casse già malridotte di Palazzo Zanca. Se tutto va bene, dunque, la città potrebbe avere, finalmente, un centro pubblico di fruizione e sperimentazione teatrale e di drammaturgia contemporanea.
Eleonora Corace