Sono state archiviate a Messina le ipotesi di accusa per i Pm Annamaria Palma e Carmelo Petralia, indagati di calunnia nell’ambito della gestione del pentito Vincenzo Scarantino, all’epoca della prima inchiesta sull’attentato di via D’Amelio. Il Giudice per le indagini preliminari Simona Finocchiaro ha archiviato l’inchiesta, come richiesto due volte dai Pm Vito Di Giorgio e Liliana Todaro, che hanno seguito il caso insieme al collega Antonio Carchietti.
Malgrado l’opposizione delle parti civili, il giudice ha quindi accolto le ragioni del pool di magistrati guidati dal procuratore capo Maurizio De Lucia. A Messina la Procura ha sentito diversi testimoni, gli stessi indagati, e ha trascritto “in proprio” le telefonate e le conversazioni registrate all’epoca dell’indagine, in particolare i dialoghi tra i magistrati e il pentito e alcune conversazioni telefoniche, non ravvisando elementi di irregolarità nella gestione da parte della Palma né di Petralia.
Qualche giorno fa a Caltanissetta sono state depositate ad un anno di distanza dal verdetto, le motivazioni del processo sulla così detta Trattativa Stato-Mafia. Per i giudici nisseni non ci sono prove del collegamento tra la Trattativa e la morte di Borsellino, che sarebbe da ricondurre all’iniziale strategia stragista dell’ala radicale di Cosa Nostra: insomma Borsellino è morto per le stesse ragioni che stanno dietro alla strage di Capaci.
Il depistaggio, però, scrivono i giudici di Caltanissetta, c’è stato. O meglio ci sono ancora tante zone d’ombra nella vicenda, che aspettano di essere chiarite. Tra queste proprio la vicenda del falso pentito Scarantino.
“L’attività istruttoria compiuta nel dibattimento di primo grado ha consentito di acquisire elementi in base ai quali ritenere che, fin dall’inizio, le indagini condotte per pervenire all’accertamento dei responsabili della strage hanno subito condizionamenti esterni e indebiti da parte di taluni degli stessi inquirenti che hanno forzato le dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia, in modo da confermare una verità preconfezionata e pre-esistente alle stesse dichiarazioni, pur rimanendo ignote le finalità perseguite”, scrive la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta.