Un altro affiliato alla criminalità cittadina salta il fosso e passa nella schiera dei collaboratori di giustizia. Si tratta di Gaetano Barbera, padrino della famiglia di Giostra e condannato all’ergastolo per l’omicidio di Stefano Marchese, ucciso il 18 febbraio 2005 nell’area di servizio Esso in cui lavorava sul viale Annunziata. Mentre si celebrava il processo d’Appello, Barbera ha chiesto di fare dichiarazioni spontanee, e si è subito accusato di quel delitto. E’ la procedura per dichiararsi pubblicamente collaboratore di giustizia. E, infatti, si è subito appreso che già da alcuni mesi Barbera aveva iniziato la sua collaborazione raccontando al sostituto della Dda, Vito Di Giorgio ciò che sapeva sulla criminalità cittadina. E, infatti, Gaetano Barbera di storie da raccontare ne deve avere parecchie essendo stato per anni, nonostante la giovane età, uno dei capi del clan di Giostra. Ha gestito spaccio di droga e racket delle estorsioni e teneva in pugno le attività illecite nella zona nord. Davanti ai giudici della Corte d’Appello, Gaetano Barbera ha detto di aver assassinato a colpi di pistola Stefano Marchese dopo aver avuto il nullaosta da Marcello D’Arrigo. L’omicidio, come già avevano scoperto gli inquirenti, è stato un avvertimento lanciato ai fratelli Minardi, molto vicini alla vittima. Di questo movente avevano parlato altri pentiti che avevano raccolto le confidenza proprio di Barbera che per questo omicidio ha collezionato il suo secondo ergastolo