Una questione attiva da mesi che, al pari di un vulcano, ha avuto il suo massimo periodo di attività tra il weekend e martedì. La lotta dei ragazzi di giurisprudenza per ottenere l'appello di marzo è ormai un caso mediatico accademico che non interessa solo più gli studenti ma coinvolge anche le istituzioni. Dopo l'incontro dei rappresentanti, in carica e non in carica, degli iscritti, con il rettore Navarra, il direttore del dipartimento De Vero e il prorettore alla didattica Perconti, la linea dell'asse dirigenziale è stata chiara: la sessione invernale non avrà per ora altre date oltre quelle di gennaio e febbraio. I giovani hanno quindi mediato, cercando di premere sullo stesso punto e, nonostante la predisposizione negativa, hanno guadagnato un altro incontro con Perconti, al fine di tentare nuovamente di aprire una breccia.
Intanto, però, il rettore si mostra deciso nella linea adottata, spiegando come la scelta sia coerente con l'andazzo della governance, "Sin dal suo insediamento l’attuale governo dell’Università di Messina ha varato una serie di iniziative di sistema con l’obiettivo di migliorare l’organizzazione delle attività amministrative, didattiche e di ricerca. In questo ambito si inserisce la formulazione di un calendario didattico di Ateneo (cioè valido per tutti i dipartimenti) che scandisce in modo preciso e organico i tempi riservati alle lezioni e agli esami. Al fine di garantire la massima efficacia dei progetti formativi, il principio di fondo che è stato seguito nella sua elaborazione è stato quello di separare lo svolgimento dei corsi dalle verifiche della preparazione degli studenti". Navarra, inoltre, ha espresso la sua opinione sul progetto di alternare lezioni ed esami a marzo, "Sospendere le lezioni di un dato insegnamento per permettere ai frequentanti di sostenere gli esami di profitto di un altro insegnamento produce inevitabilmente due conseguenze nefaste per la crescita culturale dei nostri studenti. Infatti, le verifiche durante il periodo riservato alle lezioni non soltanto interrompono il percorso di apprendimento dei ragazzi, ma favoriscono anche il moltiplicarsi di assenze nelle settimane più vicine alla data degli esami. Tuttavia, se il calendario didattico prevedesse pochi spazi per gli esami, riservando la maggior parte del tempo alle lezioni, sarebbe comprensibile una protesta. Infatti, gli studenti in questo caso avrebbero poche occasioni per sostenere le prove di esame e, quindi, proseguire nella loro carriera".
A chi sostiene che invece il calendario d'esami, così come oggi è adottato dai dipartimenti, sia insufficiente per una resa effettivamente completa del percorso di studi, Navarra risponde "dati alla mano, il calendario didattico, deliberato dal Senato Accademico e condiviso da tutti i Direttori di Dipartimento, riserva agli esami poco più del 50% del tempo disponibile in un anno e la restante parte alle lezioni. Ciò permette a ciascun dipartimento di organizzare in un anno un numero di appelli che va da un minimo di 7 a un massimo di 9, a seconda delle scelte operate all’interno dei dipartimenti stessi. In questa programmazione, sono quattro i mesi interamente ed esclusivamente riservati allo svolgimento delle lezioni: ottobre, novembre, marzo e aprile. Pertanto, non soltanto la richiesta di un ulteriore appello di esami nel mese di marzo appare ingiustificata dato l’ampio spazio ad essi dedicato nella programmazione didattica, ma, e soprattutto, essa sarebbe incoerente con un percorso formativo rigoroso e improntato su standard di elevata qualità formativa”.
Claudio Panebianco