Resta in carcere Carlo Borella, il costruttore arrestato la scorsa settimana dalla Squadra Mobile con l’accusa di aver pilotato il fallimento della storica impresa di famiglia, il colosso Demoter. Il gip Maria Luisa Materia ha respinto l’istanza dei legali, gli avvocati Isabella Barone e Alberto Gullino, e non ha concesso misure meno afflittive del carcere, per Borella, spiegando che sussisterebbe il pericolo di reiterazione del reato. Intanto oggi sono terminati gli interrogatori dei sei commercialisti sospesi per due mesi dalla professione, cioè Gaetana Patrizia De Luca, Maria Antonietta Chillè, Giuseppe Scandurra, Daniela Lizzio, Giosofatto Zimbè Zaire e Sergio Zavaglia. Quasi tutti hanno deciso di rispondere alle domande del giudice. Si è avvalsa della facoltà di non rispondere, invece, Daniela Lizzio, difesa dagli avvocati Manuela Mancuso ed Enrico Trantino. Gli altri difensori impegnati oggi sono gli avvocati Daniela Agnello, Santo Trovato, Carlo Autru Riolo.
L’inchiesta dei pm Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco, coordinati dall’aggiunto Sebastiano Ardita, è peró più vasta e oltre alle 14 persone coinvolte nel blitz conta altri sei indagati e passa al vaglio almeno altre tre società, oltre alle cinque sequestrare.
Insieme alla Cubo, la Hd, La Epuroxy la Bricks e la Rcd, gli investigatori messinesi hanno analizzato i rapporti tra la Demoter e la S.A.Gen srl, proprietaria del pacchetto immobiliare del patrimonio Demoter. Ebbene, nel luglio 2009 la Demoter trasferisce il pacchetto SAGen alla HB spa per 4 milioni 190 mila euro. E’ la prima grossa operazione di “smembramento” dell’azienda, secondo gli investigatori mirata a mettere in salvo l’ingente patrimonio di immobili dal fallimento della Demoter, ormai in vista.
Uomo chiave dell’operazione è il commercialista Salvatore Cacace, consulente di fiducia di Carlo Borella, marito della De Luca sospesa, padre di Maurizio Cacace, siglatario del concordato Demoter del 2013, oggi indagato.
Un altro indagato che ha un rilievo centrale nel travagliato triennio 2010-2013 è Biagio Raffa, 42 anni, di Portorosa. Il suo nome viene fuori nell’operazione Fondazioni Else. La sigla attraverso la quale, secondo gli investigatori, Borella slega dalla sorte della Demoter il subappalto Astaldi alla Metropolitana di Milano e alla galleria Cattolica di Pesaro. A ricondurre anche la Else a Borella e al suo uomo di fiducia Biagio Grasso sono, secondo l’accusa, le intercettazioni telefoniche e i complessi passaggi societari.
Ma c’è anche il verbale rilasciato nel 2011 alla Dia di Milano di Roberto Forliano, nominato liquidatore della società, che “ammetteva di essere semplicemente un prestanome”, scrive il Gip Materia.
Alla Dia, Forliano racconta anche della ITC: “Si occupava di import export di abbigliamento. Nel marzo 2011 abbiamo modificato l’oggetto sociale della società per ricomprendere le attività edili”. Ne segue un cospicuo aumento di capitale. “La Itc ha due conti correnti, uno presso Unicredit Milano che gestisco io direttamente, mentre il secondo viene gestito da Gentile di cui non ricordo il nome detto “Lillo”. Questo secondo conto è attestato presso la filiale di Landriano del Credito Artigiano dove è attestato anche il conto della Else spa il liquidazione. Lillo è il cognato di Biagio Grasso”.
“L’aumento di capitale della Itc – continua Forliano – era finalizzato all’acquisto delle quote Else spa (…). Per quanto riguarda la Else spa in liquidazione, come ho detto, ho assunto la carica di liquidatore su proposta di GRASSO. E’ lui che segue tutta la vicenda appoggiandosi allo studio legale dove lavora l’avv LOCASTRO (non so indicare né il nome di battesimo né la sede del suo studio) ed io mi presentavo solo laddove serve la firma del liquidatore”.