Va al vaglio preliminare l’inchiesta della Procura di Messina sul fallimento della Demoter, l’impresa madre dell’impero di Carlo Borella, l’ex presidente dell’Ance in carcere dallo scorso settembre. La Procura di Messina ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti i 22 indagati, che compariranno davanti al Giudice per l’udienza preliminare la settimana prima di Pasqua. A fine febbraio, invece, si è chiuso l’incidente probatorio voluto per “cristallizzare” le prove, in particolare in questo caso le stime relative ai bilanci ed ai passaggi societari della Demoter e delle imprese collegate. I
Insieme a Borella a settembre sono stati arrestati il padre Benito, la sorella Zelinda, la compagna Patrizia Surace, Benedetto Panarello, Gianfranco Cucinotta, Agatino Spadaro e Giuseppe Bottaro, andati ai domiciliari. Erano stati sospesi i commercialisti Gaetana Patrizia De Luca (moglie di Salvatore Cacace), Maria Antonietta Chillè, Giuseppe Scandurra, Giosofatto Zimbé Zaira, Sergio Zavaglia e Daniela Lizzio. Sequestrate le società Hb spa, Rcd srl, Brick srl, Cubo spa ed Epuroxy srl. Udienza preliminare davanti al GUP Giovanni De Marco anche per gli altri sei indagati, trai i quali spicca il commercialista Salvatore Cacace, titolare di uno dei più noti studi della provincia messinese, consulente ed ex consuocero di Borella. E' stato lo studio Cacace a curare il concordato Demoter, la Holding della famiglia Borella da cui è "nata" la Cubo.
L'impresa registrava fatturati da 60 milioni di euro ed è stata dichiarata fallita nel febbraio 2013. Il 30 gennaio 2013, su istanza del liquidatore, il commercialista Maurizio Cacace, il Tribunale aveva ratificato il concordato. Proprio sul concordato che ruota l'inchiesta guidata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, affidata ai sostituti Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti e condotta dalla Squadra Mobile di Messina, diretta da Giuseppe Anzalone.
Fuor di stretti termini giuridici, secondo la Procura di Messina la Demoter era stata smembrata, attraverso lo stesso concordato, restando peró nelle mani della famiglia, visto che le imprese, all'interno delle quali sono stati trasferiti i rami d'azienda ceduti, erano intestate familiari o soggetti ad essi strettamente collegati.