C’è anche il tentativo di colpire il magistrato Sebastiano Ardita al vaglio dell’inchiesta sull’invio dei plichi anonimi al Csm, contenenti anche dichiarazioni dell’avvocato di Siracusa Piero Amara, diventato teste di giustizia dopo l’arresto per una indagine di Messina cominciata proprio mentre Ardita era procuratore aggiunto in riva allo Stretto.
Dichiarazioni che il consigliere del Csm Nino Di Matteo ha definito calunniose e diffamatorie.
L’indiscrezione trapela in questi giorni dopo il blitz della Guardia di Finanza a Palazzo dei Marescialli – sede del Consiglio superiore della Magistratura -dove ha acquisito documentazione nella stanza della funzionaria Marcella Contraffatto, indagata per fuga di notizie.
L’inchiesta ora vaglia alcuni casi di dossieraggio mirato e in questo filone è stato fatto il nome di Ardita.
Come scrivono oggi alcuni quotidiani e riporta l’Ansa, il Pm di Milano di Paolo Storari un anno fa consegnò i verbali ancora segreti all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, senza informare i propri capi, a partire dal procuratore Francesco Greco, e anzi allo scopo di tutelarsi da essi.
I verbali, tuttora segretati, sono quelli resi in cinque occasioni nel 2019 da Piero Amara, l’avvocato siciliano arrestato nel 2018, indagato per i depistaggi dell’inchiesta Eni e per vari episodi di corruzione di giudici, 2 anni e 8 mesi di patteggiamento, e coinvolto anche nelle vicende dell’ex pm romano Luca Palamara, radiato dalla magistratura e accusato d’aver pilotato nomine in cambio di regali e favori.
Pochi mesi dopo che i verbali erano stati consegnati da Storari a Davigo, e mentre le indagini erano in corso, alcuni giornali iniziarono a riceverli con una missiva anonima che ne sollecitava la pubblicazione.
A spedirli – scopre ora la Procura di Roma – fu Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell’allora consigliere Davigo, ora indagata per calunnia, perquisita a casa e in ufficio due settimane fa dai pm che nel computer hanno trovato copie degli atti spediti. La donna è stata interrogata dagli inquirenti e sospesa dalle funzioni dal Csm.
Verbali che, tra l’altro, riguardano anche l’ex premier Giuseppe Conte, all’epoca presidente del Consiglio. Nel corso degli interrogatori Amara avrebbe fatto nomi di magistrati che si sarebbero rivolti a lui per ottenere promozioni e avrebbe tirato in ballo anche l’ex premier Conte al quale, a suo dire, avrebbe fatto ottenere tra il 2012 e il 2013 consulenze dal gruppo Acqua Marcia Spa per circa 400 mila euro.
Agli atti dell’inchiesta ci sarebbe anche una sorta di una loggia – denominata Ungheria – che potrebbe coinvolgere vari ‘pezzi’ del Paese al centro del troncone d’indagine avviato dalla procura di Perugia dopo che alcune dichiarazioni di Amara sono state trasferite da Milano a Perugia.
Inchiesta condotta dal procuratore capo Raffaele Cantone e da alcuni sostituti sulla quale viene mantenuto il riserbo. Gli accertamenti sono in una fase iniziale con le ipotesi tutte da verificare. Tra queste la possibilità che alcuni ‘pezzi’ delle istituzioni possano avere avuto l’obiettivo di condizionare le nomine in magistratura ma anche altri settori del Paese.
Per circa sei mesi, tra fine 2019 e maggio 2020, il pm di Milano Paolo Storari avrebbe chiesto ai vertici dell’ufficio della Procura, anche per iscritto, di effettuare delle iscrizioni nel registro degli indagati per andare a verificare le dichiarazioni dell’avvocato siciliano Piero Amara, indagato anche nell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’ e che in più verbali ha parlato pure dell’esistenza di una presunta loggia segreta ‘Ungheria’. Non avendo risposte sulle iscrizioni, il pm milanese, come forma di autotutela, avrebbe deciso di consegnare i verbali all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
In seguito alle ‘frizioni’ all’interno della Procura milanese, emerse in queste ore ma sotto traccia da tempo, il pm Paolo Storari non si occupa più, a quanto si è saputo, dell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’, di cui era titolare con l’aggiunto Laura Pedio e che vede tra gli indagati Amara e anche l’ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato e ‘grande accusatore’ nel processo Eni-Shell/Nigeria, che si è chiuso nelle scorse settimane con assoluzioni per tutti.
“Non c’è stato nulla di irrituale“. Così Piercamillo Davigo risponde all’ANSA, sulla vicenda del pm milanese Storari che per “autotutela” si rivolse a lui come “consigliere del Csm che conosceva”, perchè in procura non gli consentivano di procedere all’iscrizione delle notizie di reato scaturite dai verbali dell’avvocato Pietro Amara, e gli portò quelle carte. Nulla di anomalo dunque in quello che è accaduto. “Cosa deve fare un pm se non gli fanno fare ciò che deve, cioè iscrivere la notizia di reato e fare indagini per sapere se è fondata?” dice Davigo spiegando perchè il pm milanese si rivolse a lui. Per l’ex consigliere non c’è stata nessuna violazione del segreto con la consegna a lui dei verbali, perchè “il segreto non è opponibile ai consiglieri del Csm”. “Ho informato chi di dovere”- afferma Davigo a proposito della vicenda del caso del pm Storari e dei verbali delle dichiarazioni rese ai magistrati dall’avvocato Pietro Amara.
Il pm Storari è pronto a riferire al Csm, se l’organo di autogoverno della magistratura lo riterrà necessario. E’ quanto si è saputo in ambienti giudiziari milanesi. In queste ore in Procura a Milano c’è ovviamente un clima di tensione.