Questo targato 2015 è uno strano Natale, il Natale delle incertezze. Messina vive in un continuo limbo senza essere carne né pesce, sempre appesa a qualcosa che dipende da altro e da altri. E’ una città “sospesa” che sta a guardare che altri prendano le decisioni risolutive. Ho già detto di un clima perpetuo da “Guelfi e Ghibellini” dalle piccole alle grandi cose, un’atmosfera da manicheismo tribale.
Ogni anno l’arcivescovo Calogero La Piana nei giorni precedenti al 25 dicembre consegnava ai giornalisti un video, il messaggio del “padre spirituale” alla sua città, affinchè le sue parole arrivassero attraverso i media a tutta la comunità. Per la prima volta non abbiamo questo video dal momento che non c’è più un arcivescovo ma un amministratore ecclesiale, che celebrerà la funzioni e manderà il messaggio di speranza e calore che la città attende. Per quanto monsignor Raspanti sia un prelato straordinario ed abbia compreso le ferite che ancora sanguinano, resta, non certamente a causa sua, un “commissario” della Curia, che possiamo solo augurarci diventi qualcosa di più per la Chiesa di Messina. Ci siamo dovuti abituare a questo termine, “commissario”, perché in fondo dopo le dimissioni di monsignor La Piana la Curia ha un commissario così come lo sono stati Croce, Sbordone, Sinatra, Romano per i palazzi della politica.
L’assenza del capo spirituale “ufficiale” in questo Natale 2015, mi appare come il simbolo di una condizione di limbo permanente.
Nei periodi bui e difficili c’è bisogno di un Pastore e soprattutto di un pastore che conosca il gregge ed i pascoli. Invece Messina è uno dei rarissimi casi di comunità che ha visto il suo pastore dimettersi, peraltro con modalità e motivazioni che hanno lasciato più stupore che comprensione. Monsignor Raspanti in pochi mesi avrà forse imparato a conoscerci meglio e a capire che Messina è una fase delicatissima e ha bisogno anche di guida, di riflessione, di incitazione al coraggio, alla speranza. Messina è ferita e ha bisogno delle parole giuste.. Non sono cattolica ma le parole del “proprio arcivescovo” mancheranno in questo Natale. Mai come in questo Natale grigio, attraversato da una sorta d’incattivimento, manca quel video, quelle parole che attraverso tutti i media riuscivano ad arrivare a quanti, nei vari momenti della giornata, volevano fermarsi a riflettere, a guardarsi dentro prima ancora di guardare avanti. La presenza di un amministratore ecclesiale e non di un “arcivescovo ufficiale” è a mio giudizio il simbolo di questa condizione di “assenza” e al tempo stesso di bisogno.
Ma non è l’unica prova del limbo permanente.
Pensiamo all’Autorità portuale, lo scorso anno si parlava di accorpamenti con Gioia Tauro, Catania, Reggio, e ancora oggi la discussione, sia pure bloccata in corner, è la stessa. Non abbiamo certezze assolute sul suo “salvataggio” o matrimonio, perché le nostre sorti dipendono da altri e da altro. Non siamo noi a decidere il nostro destino in merito, perché ci siamo limitati alla battaglia di retroguardia. Accadrà quel che accadrà, al massimo protesteremo quando i cocci saranno a terra.
Situazione analoga con la Camera di Commercio, una situazione talmente ingarbugliata che non sto qui a riassumerla per non rovinare il Natale ai lettori. Ma il destino è incerto. E’ così con la Città Metropolitana che è come “l’isola che non c’è” di Peter Pan. E’ commissariata da 3 anni e non si sa che forma avrà e chi la guiderà. E’ così con il Piano di riequilibrio, il cui esito dipende da una Commissione che non ha il coraggio di dire sì o no e ci lascia attaccati al tubo dell’ossigeno. E’ così persino per l’isola pedonale, l’unica che ci teniamo stretta sotto i colpi del Tar ma proprio perché legata ad una sentenza non si può sfacciatamente realizzare quindi cerchiamo di farne una che non sia tecnicamente tale. E’ così con la mozione di sfiducia, che c’è e non c’è. A novembre ci sono le firme ma non la volontà e poi è arrivata gettonopoli a fermarla e anche adesso c’è ma a mancare c’è il coraggio di portarla avanti per timori che nulla hanno a che vedere con la politica.
E’ come vivere una realtà che non c’è, che è sospesa, in attesa che le sorti vengano decise da altri o da altro.
E’ un Natale nel limbo, le cui parole di conforto sono affidate ad un commissario e persino i progetti del Masterplan non si sa a chi affidarli tecnicamente perché manca una guida corale, condivisa e “legittimata” dal consenso degli altri sindaci.
Un Natale senza certezze se non quelle luci che ogni tanto squarciano il buio nella speranza di non incappare nella multa e nella denuncia. Piccoli sprazzi affidati alla buona volontà di quanti ancora provano a crederci.
Avremmo voluto regalarvi anche quest’anno le parole dell’arcivescovo destinate a credenti, non credenti, ma a quanti sperano in un conforto e in una guida.
Non possiamo.
Buon Natale da Tempostretto. Non ci arrendiamo.
Rosaria Brancato