E’ proprio vero, ormai indietrononsitorna: l’anima rivoluzionaria e di sinistra di quel movimento che ha portato Accorinti sulla poltrona di sindaco è stata definitivamente messa in un angolo. Non c’è stata alcuna rivoluzione e, se mai c’è stata, è stata la rivoluzione dei radical chic, lontani anni luce dal sentire, dalle logiche ed anche dalle spinte sincere ed emozionali di Cambiamo Messina dal basso. Le pagine del libro di questi 18 mesi ci raccontano una storia di gran lunga diversa da quel primo capitolo e dalle stesse intenzioni di chi lo ha scritto.
C’era una volta Cambiamo Messina dal basso, che ha creduto davvero di poter chiudere con il passato e avviare una rivoluzione culturale aprendo una nuova stagione affidandosi ad un uomo con 40 anni di battaglie civili alle spalle.
C’era una volta l’alta borghesia di Messina che dopo aver preso tanto per tanti anni, anche restando dietro le quinte, ha trovato una bandiera, un simbolo, grazie al quale approdare direttamente a Palazzo Zanca. Non importa se a quelle battaglie civili non hanno partecipato, se non sono mai saliti sul pilone e tutto sommato chi se ne frega del ponte, dell’archivio storico e dei tir in città, l’importante era mandare un segnale chiaro alla politica stagnante e, soprattutto entrare nelle stanze dei bottoni. Non importa se i compagni di viaggio di Accorinti fino a quel momento rappresentavano l’ala di sinistra più a sinistra, se con lui c’erano i pinellini, Rifondazione, pacifisti e comunisti, l’importante era trovare quella chiave che avrebbe consentito di mandare a casa Genovese e tornare ad amministrare la città.
C’era una volta Cambiamo Messina dal basso, che 18 mesi dopo non è riuscita a cambiare quelle piccole grandi cose che voleva cambiare e non per colpa sua, ma perché in quel Palazzo non l’hanno fatta entrare.
E c’era una volta l’alta borghesia che è riuscita a trasformare l’elezione del sindaco scalzo in una “rivoluzione radical chic”, lasciando che le periferie restino periferie, lasciando gli ultimi alla cura amorosa dei volontari, e mettendo al centro il centro. Nella fotografia di questa giunta non c’è un solo volto che rappresenti lo spirito originario del movimento (se non ovviamente Accorinti, che è la bandiera scelta dalla Messina bene per arrivare al Comune), e l’assessore Ialacqua, che temo morirà di solitudine prima o poi e già in questi mesi ha dovuto affrontare una frattura interiore con la sua anima ambientalista. Non sto dicendo che Ialacqua non è chic ma, anche se non lo ammetterà mai, in questa giunta di professori con il vizio di considerare chi sta di fronte come uno studente ignorante al primo esame, lui è come un pesce fuor d’acqua. In questi 20 anni lo abbiamo visto in prima linea in ogni battaglia per la difesa dell’ambiente e la sua anima di sinistra e rivoluzionaria ha sempre scalpitato. Mai si era vista una squadra così omogenea nello stile, nella provenienza sociale e persino nel non confrontarsi con il mondo esterno, fossero anche quei sostenitori entusiasti che ancora fino ad oggi e magari anche domani continueranno a farlo. Tutto può rappresentare questa giunta tranne che la rivoluzione che Cambiamo Messina dal basso e Accorinti sognavano sin dalla fine del 2012. Ma qualcuno con i vecchi partiti che al ballottaggio hanno consentito la vittoria di Renato doveva pur trattare, e non potevano certo farlo i rivoluzionari, gli accorintiani puri. Qualcuno, quando il destino finanziario dipende da Roma o Palermo con i leadercheceranoprima doveva pur parlare, e non potevano certo farlo i sinceri idealisti che hanno condiviso l’inizio dell’avventura con Renato. Qualcuno doveva pur contrattare con un’ Aula a maggioranza di vecchia politica ogni documento contabile. A maggior ragione se quel documento non solo non rivoluziona un bel nulla ma sana l’eredità di gestioni che in campagna elettorale erano state aspramente contestate. E queste forme di diplomazia, tipiche delle vecchie logiche non potevano certo essere affidate ad assessori rivoluzionari che dicono “mai più”. Ecco perché indietrononsitorna. Non si può tornare indietro a quel febbraio 2013 a quel Cambiamo Messina dal basso che è stata solo un’illusione ottica utile all’altra anima del gruppo per arrivare nel Palazzo. Sia chiaro, nulla nei confronti di questa squadra di persone perbene, oneste e volenterose, ma che con lo spirito originario accorintiano, quello della campagna elettorale ci stanno come si suol dire, “come i cavoli a merenda”. Tra l’inizio dell’avventura e l’elezione in mezzo c’è stato il ballottaggio ed è stato in quel momento che la rivoluzione ha cambiato faccia, è stata costretta a cambiare faccia, per avere oltre ai voti della protesta e della rabbia, della stanchezza e dell’indignazione anche quelli di chi è lontano anni luce da questo progetto e non si è mai letto neanche una riga del programma di Accorinti sindaco.
Non mi stupisce e non mi indigna il fatto che Elio Conti Nibali possa avere un passato di centro destra perché neanche per un momento ho creduto che la politica sia rimasta fuori da questa giunta o che non ci siano zampini dietro ogni nome. Mi stupisce lo stupore di alcuni nello scoprire quel che è chiaro sin dal primo giorno. L’unica anima che manca in questa amministrazione è quella rivoluzionaria, quella appunto della campagna elettorale. Per il resto, le altre anime, ci sono tutte e vanno d’accordo con tutti alla grande. Mi stupisce lo stupore di chi si accorge solo ora che il sindaco non riesca ad andare oltre i confini di un cerchio ristretto, proprio lui che ha sempre usato la parola partecipazione. Quel confine che non va oltre la Piccola comunità nuovi orizzonti che fa riferimento spirituale al gesuita padre Felice Scalia. Tutti, dagli assessori agli esperti, a quanti gravitano nelle stanze dell’amministrazione, fanno parte o sono vicinissimi alla Piccola comunità Nuovi Orizzonti. Scegliere solo all’interno della stessa cerchia non è un grande orizzonte, ma lo rende piccolo. Non puoi attaccare le vecchie logiche partitiche e poi non aprire la finestra di casa tua. Anzi, con le vecchie logiche si avevano più partiti, qui c’è un monocolore. E se la scelta non ricade nel confine allora si va a cercare oltre lo Stretto, come se Messina e il movimento Cambiamo Messina dal basso non riescano ad esprimere risorse e talenti. E’ davvero “piccola questa comunità” se la tua classe dirigente la scegli senza partecipazione o se emargini chi è diverso o non piace alla gente che piace….(vedi il caso di Clelia Marano). Non un solo esponente della società civile ha avuto spazio e voce con questa amministrazione, il che, viste le premesse, è a dir poco singolare. Non voglio credere che il movimento non avrebbe potuto esprimere un sostituto di Cucinotta. A me viene in mente nome, Luciano Marabello, ma è troppo rappresentante dello spirito di CMdb. Sono quelle tre paroline, cambiamo e dal basso che non piacciono a chi indietro non vuol tornare perché ormai è arrivato dove voleva arrivare.
Basta leggere quanto scritto da padre Oliveri, il 14 giugno 2013 a sostegno di Accorinti per capire quanto sia abissale la distanza tra quella lettera e la realtà.
“Accorinti potrà dare voce al grido delle periferie, ai più deboli e piccoli, alle persone dimenticate- scriveva- I messinesi possono scegliere tra “Davide e Golia”. Non si tratta di un ballottaggio tra due partiti, ma fra due filosofie e due modi diversi di leggere la realtà cittadina: da una parte le logiche di potere, l’organizzazione partitica; dall’altra parte un “piccolo” uomo idealista, che richiama dei valori di base semplici. Mentre chiese e quartieri di lusso hanno avuto, e avranno, sempre finanziamenti e aiuti dall’alto, le parrocchie e le zone di periferie, non hanno neanche le “briciole”.Credo che Renato Accorinti ascolterà le persone dimenticate, lasciando la scrivania del potere e camminando tra la gente e con la gente”.
Sono convinta che anche Accorinti lo credeva ed anche i suoi sostenitori. Oggi mi chiedo: quale parte dello spirito dei CMdb ha visto applicazione? Non c’è stato tempo per le periferie perché le priorità sono state invertite ed il centro ha preso tutta la scena. Prendiamo i Beni comuni, in 18 mesi non si è fatto assolutamente nulla. La prova è il fatto che i pinellini hanno occupato la scuola Foscolo le cui condizioni di abbandono erano note alla giunta sin dal 2013 ed i progetti per un uso alternativo presentati dal Consiglio di circoscrizione sono stati ignorati. Non da Buzzanca, ma dalla giunta dei Beni comuni. Situazione simile per la vicenda migranti. Da mesi cerco un indizio di rivoluzione nei servizi sociali. L’unica cosa di CMdb è la realizzazione della Casa di Vincenzo, voluta strenuamente da Accorinti. Dispiace sentire Ialacqua dichiarare “è passato solo un anno e mezzo le rivoluzioni hanno bisogno di tempo, almeno un paio d’anni”. Non ho mai sentito di una rivoluzione al rallentatore, una rivoluzione postuma.
Non c’è più nulla dello spirito rivoluzionario del 2013, niente di più lontano da quel suono di campana tibetana che echeggiò a febbraio nel Salone delle Bandiere.
Parafrasando Nanni Moretti verrebbe da chiedere “Renato, fai qualcosa di Cambiamo Messina dal basso”
Rosaria Brancato