L’operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza coordinata dalla DDA di Catanzaro in collaborazione con l’autorità elvetica, tra la Calabria e la Svizzera, denominata” Imponimento”, ha consentito di delineare la pericolosità della cosca di ‘ndrangheta Anello-Fruci ed i rapporti registrati con le altre consorterie dell’ampio distretto di Catanzaro – già emersi nel corso dell’operazione Rinascita Scott, in particolare con i Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant’Onofrio, i Tripodi di Vibo Marina, i Lo Bianco di Vibo Valentia, gli Accorinti di Zungri, Iozzo-Chiefari di Chiaravalle Centrale, i Bruno di Vallefiorita, esponenti della consorteria dei Trapasso di S. Leonardo di Cutro), oltre che le cosche della provincia di Reggio Calabria (i Pesce di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli),ed operanti in Sicilia. La cosca Anello-Fruci avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, le ha permesso nel tempo di acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico/immobiliare, deformando le logiche imprenditoriali che normalmente regolano i traffici commerciali di un’economia sana, condizionando i diversi settori della vita economica e sociale, e affermando il controllo egemonico sul territorio anche mediante reciproci accordi tra cosche operanti in articolazioni territoriali diverse.
L’estensione del raggio d’azione su cui la cosca era in grado di esercitare il suo controllo, e la diversificazione dei settori, prevedeva, necessariamente, un altrettanto estesa rete di informazione e “tutela” curata da un notevole numero di personaggi posti a vedetta dei luoghi più importanti (abitazione del boss e dei suoi familiari, luoghi di incontro, vie di transito su Filadelfia), utilizzati quali tramite per l’effettuazione di comunicazioni telefoniche o, ancora, quali informatori della cosca. Di questa ultima categoria facevano parte, tra gli altri, un appartenente alla Guardia di Finanza fermato con l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, anche con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di procurarsi un indebito profitto patrimoniale, oltre che con l’aggravante della modalità e finalità mafiosa.
I rapporti con le altre cosche si basavano su rapporti fatti di reciproci scambi e richieste per la risoluzione di problemi piuttosto che per la spartizione di affari e per il rifornimento di armi o droga.
Le indagini hanno documentato, peraltro, alcun specifici “summit mafiosi”, tra gli esponenti di vertice della cosca Anello ed esponenti tanto della cosca “Mancuso” di Limbadi, quanto della cosca “Tripodi” di Vibo Marina nonché della ‘ndrina “Lo Bianco-Barba” di Vibo Valentia; si tratta di “summit” finalizzati a chiarire disguidi o incomprensioni riguardanti, tra gli altri, l’affidamento dei lavori nei settori di influenza dell’organizzazione criminale, quale lo sfruttamento delle risorse boschive, ovvero pretese dei gruppi criminali dei Lo Bianco e dei Tripodi nei confronti di un imprenditore del settore turistico, Antonio Facciolo, ritenuto organico alla consorteria Anello.
Diversi i settori su cui la cosca esercitava il totale controllo e plurime le condotte delittuose ipotizzate:
Un vero e proprio arsenale quello rinvenuto e sequestrato per conto del sodalizio Anello-Fruci: fucili, carabine, kalashnikov, pistole di diversi calibri e munizionamento. Le indagini condotte hanno fatto emergere come il traffico di armi venisse svolto anche oltre confine, in Svizzera.
L’attività di indagine ha, altresì, evidenziato la operatività di una specifica organizzazione riconducibile agli esponenti di vertice della cosca, dedita alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati ingenti quantitativi di sostanza stupefacente: quattro piantagioni di marijuana per un totale di circa 6000 piante, 65 kg circa della medesima sostanza già essiccata e pronta per essere immessa sul mercato; è emersa, altresì, l’opera di l’approvvigionamento di eroina nella provincia di Foggia.
Le recenti indagini emerge, infine, hanno consentito di rilevare che tre indagati destinatari del fermo avevano ottenuto misure di sostegno del reddito, nella forma del “Reddito di Cittadinanza” (RdC), la misura di contrasto alla povertà, finalizzata al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale, della quale uno risultava aver beneficiato quale diretto richiedente e, negli altri due casi, ne avevano beneficiato quali componenti di un nucleo familiare.
Si è, persino rilevato che due imprese, riconducibili ad altrettanti indagati destinatari del fermo, hanno avuto accesso al “Fondo centrale di garanzia PMI”, misura di sostegno statale per l’accesso agevolato al credito, rivolto sia alle piccole e medie imprese che alle persone fisiche, la cui attività imprenditoriale era stata danneggiata dall’emergenza COVID-19; una di tali imprese è anche oggetto di provvedimento di sequestro d’urgenza.