MESSINA – La valle del Camaro è una delle valli più importanti della cintura di Messina, in quanto abitata fin dall’antichità, come dimostrato dai ritrovamenti archeologici durante la costruzione del ponte ferroviario che attraversa il greto del torrente, a fine ‘800 e dal ritrovamento di un sito preistorico nell’area del “Mito”.
Il motivo di questa importanza è dovuto alla notevole quantità di acquee sorgive che hanno soddisfatto sempre le esigenze idriche della città, da qui l’inserimento nella fontana dell’Orione di questo “fiume” assieme ai più grandi fiumi della terra.
In fondo alla valle sorge, sulla via che da Messina scollinava sulla fascia tirrenica, un antichissimo “casale” con una Chiesa dedicata a Santa Maria Incoronata sotto la protezione di San Giacomo Apostolo il Maggiore in Camaro Superiore.
Il culto e la devozione a questo santo sono molto antichi, risalgono alla venuta dei Normanni. Infatti questi, provenendo dalla Spagna, dove circa due secoli prima (813 DC) vi era stato il ritrovamento della tomba dell’Apostolo, portarono in Sicilia questo culto (Caltagirone, Capizzi, Ragusa), e a Messina costruirono una chiesa di cui se ne conservano ancora oggi i resti alle spalle del Duomo di Messina.
La devozione è talmente forte in questo casale che culmina nella costruzione di una “baretta processionale” di cui si intravedono le forme nel quadro esistente nella cappella e risalente ai primi dell’ottocento.
Il culto a tale santo è rafforzato dalla venuta in Sicilia degli Spagnoli, di cui San Giacomo è il protettore. Nel 1405, come da documenti ritrovati negli archivi della cattedrale, un tale Sancho D’Eredia, inviato dal Re di Aragona, dona alla cattedrale di Messina delle reliquie di San Giacomo ed impone al Senato Messinese ed al Capitolo Cattedrale di onorare San Giacomo mettendo dette reliquie sul “fercolo – baretta” che ogni 25 luglio scendeva in processione dal “Casale de li Cammari”, portandole solennemente in processione attorno alla cattedrale.
Tale usanza è mantenuta fino ai giorni nostri dalla solerzia dei Cammaroti guidati dalla Confraternita, nata nel 1550 e che ha come primo articolo del proprio statuto lo zelo per il culto di San Giacomo. La fede dei Cammaroti in San Giacomo camminava di pari passo con la fede degli Spagnoli in special modo con il culto che gli Spagnoli gli tributavano nella città di Santiago de Compostela. Infatti è solo a Santiago che il Papa Callisto II concede l’anno santo fin dal 1122 ogni volta che il 25 luglio (festa di San Giacomo) è domenica. Ma nei cammaroti la fede in San Giacomo non è seconda a nessuno, e con notevoli sacrifici fanno realizzare dai maggiori argentieri del tempo, quella che è definita un’opera eccezionale di valore inestimabile, la cui data di committenza, ritrovata negli archivi, è del 20 gennaio 1666 (anno santo jacobeo), ad opera del parroco del tempo Don Francesco Capano. Fu realizzata da artisti argentieri quali Piero, Eutichio e Sebastiano Juvara, Francesco Donia, Didaco Rizzo e Giovanni Gregorio Juvara
Oggi l’antica Confraternita, custodisce gelosamente la propria vara che esce in processione per due giorni l’anno. Il sabato successivo al 25 luglio, i Cammaroti tutti partecipano con orgoglio alla processione che porta il proprio patrono in cattedrale. Con un rito che non si trova per altri Santi, San Giacomo ha l’onore di cedere il suo trono d’argento alla Madonna della Lettera, posta la reliquia del capello della Vergine, il fercolo viene portato in processione attorno al Duomo insieme ad altre reliquie del Santo. Celebrata la messa, alla quale un tempo partecipava il Capitolo Cattedrale, il Santo torna al proprio posto e il corteo si ricompone per il ritorno nella Chiesa di Camaro Superiore. Tale rientro deve necessariamente avvenire passando per il bivio del torrente Cataratti entro le ore 12, come da antica tradizione.
Il giorno dopo, la Domenica, il Santo viene solennizzato nella propria parrocchia con messa solenne e processione per le vie del villaggio. Il corteo stavolta si snoda per le stradine del villaggio di Camaro Superiore, per oltre sei ore. Qui è possibile assistere ad un’altra misteriosa e antichissima usanza: i bambini nati entro l’anno vengono fatti passare sotto la vara, disegnando una croce, come auspicio di un prossimo e veloce “cammino”.
Il rientro del fercolo si conclude con la caratteristica ed emozionante “nacata”. I confrati portatori cullano la vara sulle note de “sangue del primo martire” e dopo un ultimo saluto al popolo, il Santo rientra in chiesa.