Le parole sono pietre. Io ho la fissazione delle parole, ogni parola ha un senso, non mi piace quando vengono usate a casaccio. Su questo concentravo il mo ragionamento pensando alla vicenda Piemonte, a quanto accade al Teatro Vittorio Emanuele ed in ultimo alla delibera sulla mobilità. Scartata da tempo la parola “rivoluzione” perché è lampante che non è neanche iniziata, resta da capire il senso reale di un termine meno roboante: “cambiamento”.
Mi sono chiesta se davvero ci sia stato un cambiamento rispetto al passato e non solo sulla “copertina”, un cambiamento concreto, nel cuore delle cose. I “suoi” hanno lasciato ad Accorinti il compito del cambiamento sotto il profilo dell’immagine, ritagliando per loro quello di pensare alla sostanza. E’ indubitabile che con le sue battaglie è un sindaco che ha davvero cambiato tutto rispetto ai predecessori. I “suoi” hanno lasciato che Accorinti incarnasse il simbolo del cambiamento, indossando le magliette Free Tibet, fermando i tir sul cavalcavia, manifestando in via dei Mille, esponendo la bandiera della pace il 4 novembre, incontrando il Dalai Lama, papa Francesco, difendendo la causa del No Muos con Renzi. Diversa cosa è l’amministrazione, l’aver Cambiato Messina dal basso. Mentre Accorinti abbracciava il Dalai Lama e assumeva la delega della pace, la sua giunta saldava un patto di ferro con quella maggioranza del Consiglio comunale ritenuta figlia della vecchia politica. Un patto vecchio stile con gli eredi di quellicheceranoprima che ha consentito a quellichecisonoadesso di avere il salvacondotto sul Piano di riequilibrio e su tutti i documenti contabili. Un patto che nulla ha a che vedere con il cambiamento.
In Aula il finto scontro avveniva contro il sindaco sull’isola pedonale, le unioni civili, ma la giunta sa bene che, quando e dove serve, gli eredi della vecchia politica rispondono sì e in quel caso il loro sì non “puzza”.
E mentre Accorinti sul cavalcavia fermava i tir sinceramente convinto di poterli “convertire”, negli uffici si partorivano provvedimenti che hanno consegnato ai Franza, dopo l’addio di Bluferries al porto storico, il monopolio nello Stretto. Mentre Accorinti manifestava per l’isola pedonale e incontrava il Nobel Dario Fo in vista della realizzazione della Biblioteca dei Bambini, nel Palazzo le logiche per consulenze, incarichi, determine, affidamenti diretti, erano sempre le stesse, quelle che portano al prevalere della parentela, dell’affinità politica, dell’amicizia e alla sconfitta della meritocrazia. Può capitare dando uno sguardo a decine di esperti e consulenti e dirigenti di trovare parenti, coniugi, amici, vicini politici, può capitare che tra i progetti della 328 ottengano finanziamenti quelli presentati da persone vicine agli assessori e poi non si trovi una sede per l’associazione Gli invisibili. E questo, a me che scrivo di politica da 20 anni, non stupisce affatto. Quello che mi irrita è veder sventolare ad ogni piè sospinto la bandiera del cambiamento. Siamo di fronte ad un caso conclamato di sindrome dell’Immacolata concezione, a causa della quale, comportamenti ritenuti aberranti negli altri diventano buoni e giusti se adottati da quellichecisonoadesso. Colpiti dal virus ci si convince che l’Immacolata concezione non riguarda solo la Madonna o il sindaco che cammina sulle acque, ma anche noi, che magari non siamo mai saliti sul pilone, non abbiamo mai sfilato in corteo se non da studenti, né digiunato per l’Archivio storico e in bici non ci andiamo neanche il lunedì di Pasqua.
La vicenda del teatro Vittorio Emanuele è un chiaro caso di questa sindrome. Tralascio il particolare di un direttore artistico, Ninni Bruschetta (attore e regista di eccezionale talento riconosciuto a livello nazionale e che stimo personalmente), socio del presidente del Teatro Maurizio Puglisi (per il quale ho la stessa stima)nella società di produzione Nutrimenti Terrestri. La sua nomina mi ha resa lieta come lo sarei stata se lo avesse nominato Ordile, con la differenza che all’epoca non c’era una classe politica colpita da sindrome dell’Immacolata concezione, che propinava omelie quotidiane per accusare i predecessori di vecchi metodi. Il Cda si appresta ad approvare un regolamento che Magaudda neanche in caso di delirio di onnipotenza avrebbe neppure immaginato. Il regolamento che Cambierà il teatro dal basso consentirà ai vertici di scegliere a piacimento per gli incarichi, senza alcun criterio se non quello della totale discrezionalità. Dall’elenco di maestranze e orchestrali inoltre saranno esclusi quanti hanno contenziosi con l’Ente. Con un colpo di penna sono stati cancellati i diritti di sarte, tecnici, maestri d’orchestra che per esigere il rispetto del loro lavoro sono stati costretti a rivolgersi ai giudici. Questa norma inoltre apre le porte a varie forme di “ricattabilità” dei lavoratori, forme che non appartengono al “cambiamento”. E gli orchestrali del Teatro Vittorio Emanuele oltre a non avere più diritto al lavoro e alla speranza, non hanno più diritto neanche alla loro storia personale e al nome, perché sono stati diffidati dal farsi definire tali.
Prendiamo la vicenda Piemonte. L’aggressione ad Accorinti alla fine della manifestazione del 29 settembre è vergognosa. Il problema è il motivo per il quale la folla lo ha contestato ( non mi riferisco agli aggressori) esattamente come avviene a migliaia di politici che al momento della candidatura devono mettere in conto ovazioni e fischi. La gente ha contestato Accorinti per non aver difeso con fermezza il Piemonte dalla chiusura. La lettera che ha scritto alla Borsellino ad agosto non era chiara su questo punto perché tracciava il percorso che porterà al trasferimento del centro Neurolesi al posto del nosocomio. Accorinti non ha scritto “No chiusura” ha scritto: “No chiusura, ma se si deve chiudere..”. In tal senso è molto chiara la nota di Indietrononsitorna “l’ospedale chiuderà in quanto ospedale ma non in quanto struttura”. Se ad Accorinti avessero detto “Non costruiamo un Ponte in quanto tale ma in quanto collegamento stabile tra le sponde” si sarebbe sentito preso per i fondelli e avrebbe protestato. Ecco, è appunto quello che stanno facendo sindacati, medici e cittadini: protestano. Sono certa che Accorinti non vuole che l’ospedale chiuda. Non ho la stessa certezza per quanti gli stanno accanto.
Infine la delibera sulla mobilità predisposta dal vicesindaco Signorino e che prevede il trasferimento alle partecipate Amam, Atm e Messinambiente, di 81 lavoratori tra ex Ato3, ex Feluca e cooperativa Agrinova. Se la memoria non m’inganna per mesi quellichecisonoadesso hanno accusato quellicheceranoprima di aver riempito le partecipate di personale senza concorsi e di averle trasformate in carrozzoni sull’orlo del collasso. Sono felice che 80 famiglie non debbano più vivere il dramma della precarietà. Immagino che di queste assunzioni siano lieti anche Leonardi, D’Alia, Genovese, Buzzanca, dal momento che è durante quelle gestioni amministrative che le partecipate hanno mosso i primi passi. Saranno lieti anche i lavoratori delle cooperative sociali e quanti, precari ventennali, hanno adesso qualche speranza in più di poter seguire lo stesso percorso. Non so quanto saranno lieti Foti, Ciacci o Anastasi dal momento che Messinambiente è una società in liquidazione e per bocca di Ciacci con organico in sovrannumero, e quanto alle altre partecipate, quel che manca sono autisti, spazzini, lavoratori che operino in strada più che negli uffici, per non parlare delle casse in rosso e di bilanci in panne esattamente come quelli di Palazzo Zanca. Non so quanto saranno lieti i giovani che continueranno a vedere nel treno l’unico futuro e a ritenere la parola “concorso” una leggenda metropolitana. Non ho nulla contro i lavoratori dell’Ato, Agrinova o Feluca. Non avevo nulla contro di loro quando sono stati assunti senza concorso dalle vecchie amministrazioni figuriamoci se ce la posso avere adesso che l’amministrazione del cambiamento li assume definitivamente spostandoli in altre partecipate. Quel che mi irrita, è la presunzione che sia legittimo attaccare altri e poi ritenere che seguire gli stessi comportamenti diventi corretto. Signorino sostiene che ha assunto 80 persone nelle partecipate perché “servono all’efficientizzazione”. Sono d’accordo con lui. Ritengo che abbiano seguito lo stesso impeccabile ragionamento anche quellicheceranprima. Quelle amministrazioni li hanno assunti perché servivano, ieri come oggi. Non si capisce perché, secondo la logica della giunta Accorinti, quelle stesse persone assunte negli anni scorsi erano frutto di vecchi metodi per riempire carrozzoni, ed oggi diventano invece necessari per farli funzionare e da carrozzoni diventeranno Berline. Servivano all’efficientizzazione ieri come oggi. Non è corretto pensare che se qualcosa viene toccata da un esponente del “cerchio magico allargato” diventa buona e giusta mentre quando la toccavano altri era fango.
La parole sono pietre e quando si usa il temine cambiamento, nella terra del Gattopardo bisogna stare attenti. In riva allo Stretto ci sono capitati i Gattopardi con la sindrome dell’Immacolata concezione… che usano Accorinti come scudo simbolico pensando che se lui può camminare sulle acque anche loro possono fare il miracolo di spacciare la continuità per cambiamento. Insomma, Cambiamo Messina ma non troppo.
Rosaria Brancato