Crocetta e la sua maggioranza asserragliati nel fortino in fiamme e sotto assedio

Crocetta non si dimette. Resta asserragliato nel fortino sotto assedio.

Sotto il fuoco di intercettazioni che delineano un quadro inquietante della gestione della sanità, di un’inchiesta, quella su Villa Sofia, diventata un ordigno nucleare, di dichiarazioni anche interne alla maggioranza che invitano alla “resa politica”, il governatore decide di non mollare: “se vogliono mi sfiduciano loro”, dichiara, sfidando i 90, ma soprattutto il suo Pd, a staccare definitivamente la spina ad un governo che dopo il caso Borsellino (inteso come Lucia e Manfredi) è già morto.

Resuscitarlo sarà impossibile, gli alleati cercheranno una forma di eutanasia che salvi il loro personale destino politico, giacchè quello della giunta è ormai inesorabilmente segnato da un’indagine che di giorno in giorno lascia sempre più attoniti. A pesare infatti non è la spy story sull’intercettazione dell’Espresso, per la quale Crocetta ha già dato mandato al suo legale, Vincenzo Lo Re, di procedere (stuzzicando anche gli appetiti a livello nazionale di quanti, con una nuova legge sulle intercettazioni vogliono mettere il bavaglio alla stampa) quanto piuttosto le intercettazioni pubblicate in questi giorni da livesicilia.it e che delineano un contesto della sanità nella quale a decidere nomine, destini di uomini e cose, erano il medico personale del governatore Matteo Tutino e il manager di Villa Sofia Giacomo Samperi. I dialoghi attraverso i quali i due, travolti dai diversi filoni dell’inchiesta, discutono su chi e perché mandare a dirigere le aziende sanitarie “dove c’è una prateria per i voti” e su un elenco da dare al Presidente, incuranti del fatto che c’era un assessore alla sanità, appunto Lucia Borsellino, sono a dir poco allarmanti (anche alla luce delle nomine effettive). La telefonata tra Tutino e Crocetta nel corso della quale il governatore rassicura il primario turbato dalle sollecitazioni di trasparenza di Daniela Faraoni che suggeriva la revoca del medico in autotutela fin quando non si fosse chiarito se avesse davvero i requisiti “la sbagniamo noi a questa Matteo, aspetta, il piatto si serve freddo, l’hai sopportata per tanto tempo, sopportala ancora per 15 giorni”, è altrettanto preoccupante. Così come il fatto che il procedimento disciplinare avviato a Caltanissetta nei confronti di Tutino sia rimasto nei cassetti di Sampieri per oltre un anno, dove l’hanno trovato (un plico ancora chiuso) i Nas nei mesi scorsi. E infine, come se non bastasse ci sono le dichiarazioni della Borsellino ai giudici della procura nelle quali denuncia le pressioni avute dai deputati regionali del Megafono (Oddo e Di Giacinto) per nominare Sampieri, nonché comportamenti irrituali di Tutino e continue sollecitazioni di vario genere.

Un quadro che inviterebbe quanto meno il Presidente alla riflessione sulla necessità di proseguire un’esperienza politica che doveva basarsi sulla rivoluzione dei costumi e della trasparenza, nonché della legalità.

La parola legalità non fa riferimento solo alla lotta ai mafiosi in senso stretto (quelli con la lupara) ma anche al rispetto delle regole in tema di nomine e possesso dei requisiti. A maggior ragione se si tratta della sanità pubblica. Che siano un manager ed un medico, per quanto bravi, a stabilire le nomine pubbliche preoccupa e preoccupa soprattutto perché stiamo parlando non delle vituperate giunte Cuffaro o Lomabrdo ma di quella Crocetta che ha issato il vessillo della rivoluzione, chiamando al suo fianco la figlia di Paolo Borsellino.

L’abbraccio tra il presidente della Repubblica Mattarella con Manfredi Borsellino dopo che questi ha detto: “non sarà la veridicità di un’intercettazione a cancellare il calvario subito da mia sorella in un anno”, è la prova che comunque vada il governo regionale è già finito e purtroppo i prossimi mesi saranno un campo di battaglia.

Il nocciolo del problema non è il giallo dell’intercettazione de L’Espresso ma la realtà di tutte le altre intercettazioni. Gridare al complotto può anche essere parte di una verità ma non basterà a dare fiducia a questa esperienza amministrativa.

I siciliani si sentono traditi e restare asserragliati nel fortino è un ultimo disperato tentativo che consegnerà l’isola all’ingovernabilità. L’Udc ha invitato almeno a mettere una toppa e votare la riforma delle Province, per lasciare almeno una traccia di questa maggioranza, ma due e mezzo per la riforma più annunciata e fallimentare della storia sono una sconfitta e non certo una vittoria.

Assisteremo nei prossimi giorni alla tempistica di una politica a pezzi, un balletto che onestamente faremmo a meno di vedere. Crocetta rilancia. “Sono un combattente, non mi arrendo. Mi sfiducino se vogliono, così si renderanno complici del golpe e passeranno alla storia come coloro che hanno ammazzato il primo governo antimafia della storia siciliana".

Più passano le ore più però appare evidente che a minare le basi del suo governo sono stati i suoi amici, quelli che ha messo ai vertici delle istituzioni. Certo, gli alleati hanno aggiunto le ciliegine sulla torta ma è stato lui a guardare a distanza quei partiti, Pd e Udc, che gli hanno consentito di governare, e gli hanno consentito di dichiarare ai 4 venti di non volere deputati o politici in giunta, difendendo a spada tratta il governo tecnico. Se prendi a pesci in faccia i tuoi alleati prima o poi qualche schiaffo ti ritorna indietro, per non parlare del fatto che 37 assessori in due anni e mezzo sono la prova che la formula Crocetta non è la migliore del mondo.

Il governatore oggi dice “muoia Sansone con tutti i Filistei” ed ormai è solo questione di settimane. Non sarà colpa de L’Espresso, ma di tutti quei fatti che hanno spinto la Borsellino, ad esempio nel luglio 2014, a scrivere ai Pm dell’inchiesta su Villa Sofia: “ di avere subito pressioni da parte di personaggi politici (onorevoli Oddo e Di Giacinto) affinché intervenisse sul neo direttore generale dell'Asp di Trapani, dott. Fabrizio De Nicola, per agevolare la nomina presso quell'azienda del Sampieri nella carica di direttore sanitario”. L’assessore definiì anomali i comportamenti di Tituno, che, ricordiamo, era semplicemente il primario di chirurgia plastica del nosocomio.

Mentre gli alleati studiano “come uscirne vivi”, l’opposizione è già in azione, con il capogruppo di Forza Italia Maro Falcone che dice “non trasformiamo l’Ars in campo di battaglia permanente. Da martedì anche il presidente Ardizzone, esponente dell'Udc dovrà dimostrare di essere al di sopra delle parti e consentire un approfondito dibattito d'aula su quanto accaduto. Oggi, tra l'altro ci troviamo dinanzi a un governo che da tecnico si e' trasformato in politico e quindi dovrà riferire sulle forze che lo sostengono e sulle nuove strategie che ritiene mettere in campo".

In prima linea il M5S che da giorni chiede al Presidente di dimettersi: “Al setaccio tutte le nomine dei vertici della sanità siciliana dopo la pubblicazione delle intercettazioni che gettano ulteriori ed inquietanti ombre sul mondo che ruota attorno ai camici bianchi. Certi meccanismi non ci meravigliano più di tanto. Vederli concretizzare sulle pagine dei giornali ha sempre l'effetto di un pugno nello stomaco. E' inaccettabile leggere di liste di fedelissimi e uomini da piazzare. I siciliani, che già scontano una sanità inefficiente ed insufficiente, hanno quantomeno il diritto a dirigenze trasparenti che operino in direzione del bene comune e non in quello della cura di insopportabili e vergognosi interessi privati. Dall’ex assessore Borsellino ci aspettiamo un contributo al disvelamento di alcuni degli episodi negativi che hanno costellato la sua 'via crucis' e che l'hanno portata alla fine a gettare la spugna. A Crocetta diciamo che ha fatto passare un altro giorno senza mettere a segno il primo atto serio del suo mandato: l'annuncio delle sue dimissioni. Noi e la stragrande maggioranza dei siciliani aspettiamo”.

Fabrizio Ferrandelli sabato ha annunciato di voler dimettersi “abbiamo appena fondato il movimento dei Coraggiosi, dobbiamo dimostrare di esserlo”. Di fatto sarà il movimento degli “anticipatori” perché ormai quest’esperienza avviata nel 2012 è al capolinea. Non sappiamo se finirà ad inizio autunno o a dicembre, ma non arriverà fino al 2017. Sappiamo però che non finirà per la pubblicazione dell’intercettazione giallo sulla Borsellino. Almeno su questo nessuno ci prenda in giro.

Rosaria Brancato