sanità

Carenza di medici e attese al day-hospital: sfide e ottimismo del primario del “S. Vincenzo” di Taormina INTERVISTA

ASCOLTA L’INTERVISTA AL PRIMARIO FRANCESCO FERRAU’
di Carmelo Caspanello

TAORMINA – In un contesto sanitario in cui la carenza di medici si fa sempre più pressante, l’Unità operativa complessa di Oncologia medica dell’Ospedale S. Vincenzo di Taormina, diretta dal dottor Francesco Ferraù, affronta sfide quotidiane per garantire cure di qualità ai suoi pazienti. Nonostante le lunghe attese nel day hospital e il trasferimento di tre medici all’ospedale “Cutroni Zodda” di Barcellona Pozzo di Gotto, il primario Ferraù mantiene un cauto ottimismo. Si confida nella nuova pianta organica, entro fine anno. La situazione che si registra ha inevitabilmente influito sui tempi di attesa nella sala del day hospital, rendendo l’esperienza dei pazienti ancora più difficile e stressante. Ne abbiamo parlato con il primario (in allegato il podcast con l’intervista integrale).

Dottor Ferraù, quali sono le principali criticità che il reparto di Oncologia del San Vincenzo di Taormina sta fronteggiando in questo momento, anche a causa della carenza di medici e del trasferimento di tre unità a Barcellona? Nell’Unità operativa complessa che dirige, con un bacino di utenza ampio e in continua crescita, quali sono le sfide che si trova ad affrontare?
“La diagnosi da lei fatta, per usare un termine medico, è corretta: la prima criticità è la carenza di medici, un problema comune a tutta la sanità pubblica, ma particolarmente accentuato in Sicilia e nel Sud Italia. Il nostro dipartimento, nato 25 anni fa, si trova tra due importanti aree metropolitane, Catania e Messina, e mantiene una sua attrattività. Offriamo servizi multidisciplinari in diverse aree dell’oncologia, con un’affluenza di pazienti in costante aumento, nonostante le difficoltà. L’ambulatorio di Barcellona rappresenta un modo per potenziare la nostra attività. I tre medici che vi lavorano provengono dall’unità complessa di oncologia di Taormina e svolgono un’attività simile e coordinata con quella di Taormina stessa. In passato, il collegamento tra i due presidi era meno solido, mentre ora, con la nuova amministrazione e il direttore dell’Asp Giuseppe Cuccì, la collaborazione è più sinergica. L’ambulatorio di Barcellona è importante perché copre un territorio, il Tirreno da Messina a Cefalù, che non ha altri centri di oncologia. Questo servizio, che è parte della missione dell’azienda sanitaria di Messina, eviterà ai pazienti di doversi recare a Taormina e decongestionerà il nostro presidio. Le prestazioni più complesse, come le diagnosi, la radiologia avanzata e gli interventi chirurgici di alto livello (chirurgia generale con il dottor Vincenzo Panebianco, chirurgia otorinolaringoiatrica e urologia), si svolgono comunque a Taormina. Questo spiega perché la nostra offerta attira pazienti da Catania, Messina e oltre”.

Tenendo conto del trasferimento dei tre medici a Barcellona, avreste bisogno di altre unità?
“Certamente, la delocalizzazione di tre medici ha creato un vuoto a Taormina, dove il carico di lavoro è aumentato per i medici rimanenti. Stiamo collaborando con la nuova direzione, che si è dimostrata disponibile ad affrontare il problema. Tuttavia, l’assegnazione di personale non è immediata e richiede un ridisegno della pianta organica a livello regionale, che avverrà probabilmente entro l’anno. In quell’occasione, avremo modo di presentare le nostre esigenze e la necessità di recuperare il personale perso. La riduzione del personale, seppur temporanea e necessaria per il coordinamento con Barcellona, potrebbe comportare un aumento dei tempi di attesa per le visite ambulatoriali a Taormina, data l’alta affluenza di pazienti”.

La sala d’attesa del day-hospytal

Qual è la situazione delle liste d’attesa?
“Le attività si dividono in due aree: quella strettamente terapeutica, con i trattamenti endovenosi, e quella ambulatoriale. Per i trattamenti endovenosi, le attese sono minime, di pochi giorni, assolutamente accettabili per tutti i pazienti. Questo perché la terapia entro 24-48 ore, come spesso accade in altri contesti, qui è un’esigenza rara. Per le visite ambulatoriali, invece, la situazione è diversa. C’è un’ampia varietà di patologie trattate, con conseguenti liste d’attesa più consistenti. Per questo, è stata avviata a livello regionale una proposta per ridurle. L’obiettivo principale è quello di offrire prestazioni aggiuntive al di fuori dell’orario lavorativo, modalità che verrà definita a breve. A livello interno, l’ospedale ha implementato alcune misure per accelerare i tempi di attesa ambulatoriale. Tra queste, la collaborazione con la farmacia per la preparazione anticipata delle terapie, che permette di avere le prescrizioni pronte fin dal mattino. Le terapie oncologiche ed endovenose, infatti, non sono pre-confezionate, ma preparate su misura per ogni paziente in base alle sue caratteristiche, agli esami e allo stato di salute. La loro preparazione anticipata consente di iniziare i trattamenti prima e ridurre le attese. Inoltre, si punta a far sì che i pazienti arrivino al mattino già pronti per iniziare la terapia, con la verifica degli esami il giorno precedente. Questo dovrebbe migliorare ulteriormente l’efficienza del servizio. In generale, l’impegno dell’ospedale è quello di ridurre al minimo i tempi di attesa per tutte le prestazioni, sia ambulatoriali che per i trattamenti endovenosi, garantendo un servizio efficiente e di qualità a tutti i pazienti”.

Lei ha toccato un tema sensibile. Abbiamo ricevuto segnalazioni e, come abbiamo constatato venendo qui in reparto, al sesto piano dell’ospedale “S. Vincenzo”, ci sono lunghe ed estenuanti attese nella sala del day hospital. Vorrei chiederle se questo può influenzare la qualità del servizio offerto ai pazienti e se si può fare qualcosa per ridurre queste attese.
“Mi permetto di precisare che non si tratta della sala d’attesa della degenza, ma del day hospital. È importante perché sono due aree assistenziali differenti anche se entrambe mirano alla qualità delle cure. Va sottolineato che la prescrizione del singolo farmaco, il suo dosaggio, la modernità e l’accesso ai farmaci più nuovi, di cui fortunatamente disponiamo completamente, sono aspetti cruciali. La qualità della cura significa anche che un paziente con le sue tensioni e paure deve trovare un ambiente che allevi la sua permanenza. Le ottimizzazioni di cui parlavo prima possono contribuire a ridurre i tempi morti, una parte dei quali è inevitabile e legata alla preparazione del farmaco. Questa fase è essenziale per la sicurezza del paziente, poiché i farmaci vengono diluiti, preparati e personalizzati individualmente. Non possiamo adottare una terapia standardizzata o una distribuzione automatica per l’oncologia, poiché comprometteremmo la sicurezza dei nostri pazienti. Possiamo certamente ottimizzare il processo utilizzando meglio il personale. Normalmente, ci sono tre ambulatori attivi ogni mattina nel day hospital. Se riuscissimo ad aumentare i punti di accesso da tre a quattro, potremmo ridurre significativamente i tempi di attesa. In questo modo, superata la fase di valutazione, il farmacista potrebbe preparare la terapia più rapidamente, migliorando l’efficienza del servizio”.

Qual è la sua visione per il futuro del reparto, punto di riferimento da circa 20 anni?
“Devo dire che ho una visione decisamente più ottimistica rispetto a pochi mesi fa. Fare paragoni con venti o dieci anni fa non è utile, data la complessità della sanità e dei cambiamenti. Sono ottimista per fatti concreti: quest’anno, negli ultimi mesi, è ripartita l’attività coordinata del Dipartimento Oncologico, che ora attende la nomina di un nuovo direttore. Le singole unità, come chirurgia, radioterapia e oncologia medica, hanno sempre funzionato, ma abbiamo ripreso le riunioni coordinate, migliorando la qualità complessiva dei servizi. Inoltre, abbiamo avviato il nuovo acceleratore per la radioterapia, uno dei più moderni in Sicilia, che è operativo da circa venti giorni, con tutte le omologazioni e autorizzazioni necessarie. Abbiamo quindi rinnovato le strutture radioterapiche, un aspetto fondamentale insieme alla chirurgia e all’oncologia medica. Dal punto di vista del personale, abbiamo due nuove nomine: un primario di urologia, in servizio da 24 ore, e un primario di medicina interna, entrambi con una significativa esperienza in oncologia. Questi erano ruoli vacanti da tempo a causa del pensionamento dei precedenti titolari. Tutto questo perché l’oncologia, intesa come multidisciplinarità, necessita del supporto di vari specialisti”.