Caro diario, in questi ultimi giorni c’è stato un vero ambaradan, è successo di tutto. Non so che senso abbia avuto spendere un mare di soldi ed un anno di preparazione per una due giorni di gossip e passerelle, perché poi, alla fine, chi comanda, deciderà sempre e a prescindere dai “G e qualchecosa”. Le carte vere le conoscono gli sherpa, noi sappiamo solo che sui migranti c’è stato troppo silenzio e sul clima un rinvio.
Però Taormina era un incanto, un Paradiso e così l’hanno vista in tutto il mondo.
Alla vigilia stava scoppiando una guerra geo-politica. A dar fuoco alle polveri è stata la localizzazione delle mura di confine di Taormina, se cioè ricadessero dentro la Città Metropolitana di Messina o di Catania. Quel furbacchione di Enzo Bianco, politico di lungo corso e bravo a difendere gli interessi della sua Catania, ha preso al volo le First Lady dei leader appena atterrate in aeroporto e le ha portate in giro per la città, mentre noi restavamo con un palmo di naso. A mettere il dito nella piaga ci ha pensato Rai news che in diretta ha spacciato Taormina per comune in provincia di Catania. Diamine, per il tour di Messina c’è solo l’imbarazzo della scelta, eppure il peso specifico della nostra rappresentanza politica è pari a quello del Philadelphia light, così Bianco ha trovato la strada spianata per organizzare tutto quello che voleva. Se i nostri big politici hanno lasciato campo libero a Bianco, altrettanto ha fatto Accorinti, forse timoroso del fatto che Melania Trump gli avrebbe rubato la scena. O forse è convinto, o rassegnato, al fatto che il sindaco metropolitano sia ancora Filippo Romano e toccava a lui l’onere di prendere l’iniziativa organizzativa.
Il conflitto nucleare si è rischiato alla fine del tour catanese, quando nel menù è spuntato, anzi, è spuntata (orrore) L’ARANCINA.
Chi ha scritto quel menù proveniva evidentemente da suolo gastronomicamente nemico pertanto alle first resterà il ricordo d’aver mangiato UN’ARANCINA, come viene chiamata a Palermo. E non un arancino alla messinese. Ho letto con i miei occhi, credimi, il titolo di un quotidiano nazionale su Melania stregata dall’arancina…..
Del resto di questo G7 per lo più abbiamo conosciuto roba da gossip o i menù. Sappiamo cosa hanno mangiato e bevuto, quanto costa il soprabito di Melania Trump, chi ha litigato con chi ma sappiamo molto meno cosa si sono detti.
I giornalisti hanno potuto seguire i fatti solo in diretta streaming, perché anche per loro era vietato l’accesso a Taormina. Nessun contatto diretto, tutto “ovattato” e pre-confezionato. Solo la conferenza stampa di fine G7 è stata accessibile ma le dichiarazioni di Gentiloni non mi sono sembrate molto diverse da quelle rilasciate la scorsa settimana. Stampa a debita distanza e ingabbiata.
In compenso siamo ossessionati dai menù, come se sapere che anche i grandi della Terra gradiscono il cannolo ci possa rassicurare sul resto.
Nel frattempo ho scoperto, grazie a Facebook che Messina è piena di architetti. Per 2 giorni ho letto centinaia di post indignati per la foto del parquet posizionato al Teatro greco in vista del concerto del 26, salvo scoprire che quel parquet (amovibile) era solo la fase 1 dell’allestimento. Nessuno degli indignati si è poi scusato per aver dato dei saccheggiatori a chi ha lavorato con amore per la riuscita dell’evento.
Del parquet non si è più parlato perché nel frattempo è scoppiato il caso dell’assessore- no global Ialacqua. Dopo 4 anni finalmente nei mesi scorsi l’assessore ha capito di chi sono le responsabilità: i colpevoli sono i messinesi incivili. Nonostante la loro indole di zozzoni Ialacqua, nell’intento forse di redimerli, li ha invitati a partecipare al corteo no G7, scatenando le ire di quanti gli hanno ricordato che un amministratore rappresenta tutta la città e non una sola parte. Il deputato regionale Nino Germanà si è fatto un selfie a Curcuraci con alle spalle 70 metri di rifiuti: “invece di fare il no global faccia l’assessore o si dimetta”. In meno di 24 ore quei rifiuti sono scomparsi così che Germanà ha lanciato una campagna social #unselfieconlamunnizza: “postateli visto che l’assessore è più attento a facebook che alla vita reale”.
Ma la top ten del putiferio l’ha scatenata Accorinti. La vera novità è che ha cambiato la maglietta sfoggiando per l’occasione uno slogan con più di 2 parole. Per lui gli slogan nelle magliette sono come i sottotitoli dei film : anche se non capisci quello che dicono i protagonisti puoi comprenderne il senso. Nei film ci sono i sotto titoli, lui ha le magliette. Con la t-shirt nuova di zecca si è presentato al concerto ed a fine spettacolo è salito sulla sedia, si è fatto riprendere con il cellulare dalla consigliera comunale Cecilia Caccamo che lo accompagnava ed ha urlato mentre Trump andava via “Trump, peace … no war” (cit. Fb e nei social “ciamp, piss no uor”). Una frase non particolarmente originale che l’87% della popolazione mondiale condivide e che non avrà alcun effetto se non l’unico che interessava ad Accorinti: la ribalta personale.
Il web si è diviso non tanto sulla frase, perché tutti sono contro la guerra, quanto sui modi o sul fatto che un sindaco, espressione di una città e non solo di sé stesso e del suo movimento, possa essere a cena con i leader e al tempo stesso contestatore. Problema che non si è posta la consigliera comunale Cecilia Caccamo, proprio perché non amministra e dopo essere stata al fianco dei big il venerdì sera il sabato alle 14 li ha contestati al corteo. Non essendo sindaco al massimo avrebbe dovuto porsi un problema di coerenza personale.
La verità è che Accorinti crede al potere creativo delle sue magliette. Pensa che uno slogan sulla maglietta equivalga a fare le cose. In questo ha la stessa mania di Salvini, solo che lui, vivendo al nord, preferisce le felpe. Ma il sistema comunicativo è lo stesso.
A questo punto l’auspicio è che le prossime magliette siano No mmunnizza e no buche e che lui salga sulla sedia urlando “ialacqua….peace..no spazzatura”, oppure “Guido….peace no default” e via dicendo….
Intervistato da Francesca Storante per Tempostretto ha dichiarato: “dal palco sono venuti gli orchestrali de La Scala e mi hanno detto: finalmente abbiamo un motivo per venire a suonare qui. Forse a qualcuno darà fastidio ma a me vengono ad ascoltarmi da ogni parte del mondo”.
Non metterei mai in dubbio il fatto che il mondo intero sia accorso ad ascoltare Accorinti al G7 ma è probabile che i professori d’orchestra de La Scala abbiano avuto ben altre motivazioni per suonare al Teatro greco.
Caro diario, a me piacerebbe se non si facessero più questi G e qualche cosa.
Li trovo inutili. Hanno speso un mare di soldi, fatto barricare in casa tutta Taormina, bloccato gli sbarchi, imposto straordinarie misure di sicurezza.
Sono convinta che l’Isis non attaccherà mai i grandi. Siamo noi piccoli i bersagli, mica la Merkel o Macron.
La settimana del G7 è iniziata con il sangue dei nostri figli a Manchester.
Per l’Isis il nemico siamo noi, odiano l’occidente ed il nostro stile di vita. Odiano la gioia e la libertà. Colpiscono i nostri momenti di gioia, uccidono al Bataclan, ai mercatini di Natale, negli Hotel, al concerto, nel lungomare di Nizza. Ovunque ci sia espressione di vita e di gioia. I nostri figli sono la vita che va avanti.
La strage di Manchester è stata il 23 maggio, non un mese fa, non un anno fa.
Avrei trovato molto più coraggioso un NO ISIS.
Donna Sarina avrebbe gridato: Isis peace, not war. Piss no uor. Isis pace, non uccidere più i nostri figli, le nostre sorelle, i nostri padri.
Rosaria Brancato