“Lo stato da anni è specializzato ad uccidere il ricordo. La memoria”. Parole pesanti quelle di Dario Morgante, rappresentante del direttivo Nazionale dell’Associazione Peppino Impastato. Un’amarezza che dà voce al pensiero di tanti cittadini e che si unisce al dolore di una famiglia. Quella del giovane urologo, Attilio Manca, ucciso due volte: nella carne la prima volta, la seconda nel ricordo. Causa del “secondo decesso” si potrebbe dire, è la Procura di Viterbo che giorno 20 del mese scorso archiviato il caso Manca, licquidandolo come “suicidio”.
L’urologo barcellonese, di fama internazionale è stato ritrovato privo di vita nella sua abitazione di Viterbo, il 12 febbraio 2004. La morte sarebbe avvenuta per overdose, in seguito all’iniezione nel polso sinistro di un mix di droghe. L’inchiesta che ne seguì ipotizzò il suicidio…peccato che Manca fosse mancino. Logica vorrebbe, dunque, che l’iniezione venisse effettuata nel braccio destro. Quest’altra ricostruzione trasforma il suicidio in omicidio e su tutto si allunga l’ombra della mafia barcellonese. Attilio Manca, secondo la versione portata avanti anche dalla stessa famiglia, sarebbe stato ucciso dopo aver eseguito un intervento alla prostata a Marsiglia, su un paziente che in realtà altro non era che il boss latitante Bernardo Provenzano.
Così da nove anni la famiglia Manca lotta per avere giustizia e verità. Per non lasciarla sola e per impedire che anche Manca venga ucciso di nuovo – come accadde a Peppino Impastato, accusato in un primo momento di terrorismo, la cui famiglia ha impiegato vent’anni per ottenere giustizia – lunedì a Barcellona Pozzo di Gotto l’ANAAM – Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca ha organizzato un corteo lanciando lo slogan: “E se Attilio fosse tuo fratello?”. Alla manifestazione – indetta allo scopo di informare la cittadinanza in merito alla decisione del GiP di Viterbo che ha disposto l’archiviazione per cinque delle sei persone indagate per la morte dell’urologo – hanno preso parte il sindaco Maria Teresa Collica e il primo cittadino di Messina, Renato Accorinti, insieme a diversi esponenti dell’antimafia, da Salvatore Borsellino a Sonia Alfano, passando per Antonio Ingroia.
Significativi gli interventi dei due sindaci, Maria Teresa Collica e Renato Accorinti, che testimoniano come anche le istituzioni siano dalla parte della famiglia Manca. La prima ha dichiarato : “Che i riflettori sul caso Manca non devono assolutamente spegnersi”. Il neoeletto sindaco, invece, rivolgendosi ad Angela Manca dice: “Noi ti vogliamo tanto bene. Siamo qui per lottare con te. Noi non abbiamo perso perché siamo qui, oggi in piazza, a ricordare Attilio.” Riferimenti autobiografici, invece, hanno caratterizzato l’intervento di Salvatore Borsellino, che ha raccontato degli sforzi che compie a sua volta per fare emergere la verità sulla morte del fratello Paolo, dopo tanti anni da Via D’Amelio: “Io porto sempre con me un’agenda rossa. un’agenda simile a quell’agenda che è stata sottratta a mio fratello il giorno dell’attentato. Ci sono video e foto che testimoniano che quell’agenda è stata presa..” Antonio Ingroia ricorda il suo trascorso alla magistratura e con amarezza afferma che: “Lo stato ormai è la mafia, noi siamo e dobbiamo essere l’antistato. Se un paese ha paura della verità non è un paese civile, libero e democratico.”
L’evento si è concluso con l’intervento di Sonny Foschino e degli stessi ragazzi di Aula Aut che ha scelto Angela Manca – madre dell’urologo – come madre putativa di tutta l’associazione- “I compagni di Peppino e Felicia, la madre, ebbero giustizia dopo vent’anni. Evitiamo un’altro Peppino Impastato!” ha dichiarato Sonny Foschino. Aula Aut e l'Associazione Peppino Impastato, ormai sposano la causa della famiglia Manca, dichiarando ufficialmente che tra gli obiettivi principali e improrogabili è in prima fila il proseguimento della lotta sul caso Manca, per fare in modo che la verità e la giustizia “possano trionfare anche su questo suicidio di Mafia”.
“La storia italiana è piena di verità nascoste, di storie poco chiare che lo stato (quello con la esse minuscola) ha cercato di riporre nel dimenticatoio con la speranza che nessuno potesse accorgersene. Lo stesso stato che ha ucciso giudici, giornalisti, attivisti, civili, forze dell’ordine. Ucciso non fisicamente, attenzione. A quello ci pensa la mafia”. E dopo quest’amara riflessione l’associazione Peppino Impastato conclude il suo intervento su l’ennesimo capitolo oscuro della storia d’Italia con dei versi di De Andrè: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti!”.