E’ finito in parità l’ennesimo round tra Cateno De Luca e la Procura di Messina, a confronto, oggi, su uno stralcio del caso Fenapi. La Corte d’Appello (presidente Tripodi) si è pronunciata intorno alle 19.30, dopo essere stata chiamata a riesaminare la decisione del giudice per le indagini preliminari Simona Finocchiaro che a luglio scorso aveva rinviato a giudizio Cateno De Luca e gli altri imputati per evasione fiscale, “cassando” invece l’accusa di associazione a delinquere e altre due ipotesi residuali di evasione fiscale.
La Procura Generale, riprendendo l’appello dei colleghi della Procura ordinaria, aveva chiesto alla Corte d’Appello di annullare quel non luogo a procedere, e rinviare a giudizio tutti anche per l’accusa di associazione a delinquere. I giudici di secondo grado hanno però deciso diversamente. Hanno, infatti, confermato il non luogo a procedere per l’accusa più grave, ma hanno, al contempo, disposto il rinvio a giudizio per gli altri due capi di imputazione.
Da un lato la sentenza “d’assoluzione”, quindi, che cristallizza il no all’accusa che esistesse una vera e propria organizzazione, capeggiata da De Luca e il “braccio destro” Carmelo Satta. Dall’altra, però, la Corte d’Appello con un separato provvedimento ha disposto il rinvio a giudizio del sindaco di Messina, Satta, Cristina e Floretana Triolo, Antonino Bartolotta, Giuseppe Ciatto, Francesco Vito, Carmelina Cassaniti eFabio Nicita. Dovranno tutti tornare davanti al giudice monocratico del Tribunale a partire dal prossimo 5 luglio per difendersi dalle accuse legate al mantenimento di una sede romana.
Sono difesi dagli avvocati Emiliano Covino, Carlo Taormina, Giovanni Mannuccia, Massimo Brigandì e Maria Grazia Bartolone. Probabilmente il processo verrà poi riunificato a quello già in corso.
Per loro quindi di fatto il carico delle accuse da cui difendersi si appesantisce.