Di seguito la riflessione di Matilde Siracusano, pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano Il dubbio, relativa al caso Palamara ed alle vicende che stanno scuotendo il CSM ed il mondo della giustizia italiana.
La sindrome da cooptazione dei magistrati è ormai pandemia. Specie al Sud sembra non ci possa essere alternativa ad un magistrato candidato a presidente della Regione; la politica alza bandiera bianca, si ammette incapace di governare territori complessi come quelli del meridione, e si affida agli inquirenti.
Ora tocca alla Campania, dove è molto quotato il nome di Catello Maresca, già sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale Antimafia, oggi sostituto procuratore della Procura Generale di Napoli. Pur di candidarlo, tornano in discussione accordi chiusi tra i partiti della coalizione di centrodestra. Apprezzo il profilo e l’operato del dottor Maresca: ha avuto il coraggio di appoggiare la proposta di legge di Enrico Costa, per abrogare la riforma Bonafede sulla prescrizione. Convocato dai grillini in Commissione Giustizia alla Camera per avvalorare la tesi della prescrizione come strumento utile solo agli avvocati per eludere le condanne dei propri assistiti, Maresca stroncò invece i commissari pentastellati: quella riforma sarebbe stata un abominio capace di polverizzare l’unico istituto di civiltà giuridica a garanzia della durata umana dei processi. Imbarazzo tra i grillini, e autogoal.
Non si tratta dunque certo di attribuire un demerito professionale, ma di rispettare il confine, sacro, tra potere giudiziario ed esecutivo, che peraltro dovrebbe garantire l’imparzialità dell’operato della magistratura. La separazione dei poteri, principio dettato dalla Costituzione, viene oggi spacciato come capriccio medievale superato. Arruolare magistrati nei partiti, invece, diviene una consuetudine da buona “questione morale”, prima ridicolmente cara alla sinistra (Di Pietro, Ingroia, De Magistris, D’Ambrosio ed Emiliano), oggi ahimè a tutto campo. Questo, proprio mentre la morale della magistratura arranca, e si mostra peggiore della vituperata (dai pm) politica nel rincorrere i propri interessi.
Non approvo mai la pubblicazione di conversazioni penalmente irrilevanti, anche se riguardano Palamara, e nemmeno se sono capaci di terremotare il Csm o svelare quanto tutti sanno succeda da tempo. L’invasione di campo della magistratura ha consumato troppo di frequente inchieste pretestuose, finalizzate solo all’abbattimento di leader politici, ministri e presidenti del Consiglio (mio padre, buonanima, le chiamava ‘attacco allo Stato’). Ma chi di intercettazione ferisce, di intercettazione perisce e c’è da stupirsi per chi se ne sia stupito per ipocrisia o per utile idiozia.
Matilde Siracusano