Trenta posti di lavoro bloccati da oltre un anno, una zona verde rimasta solo sulla carta e un’impresa che paga tasse su un terreno attualmente inutilizzabile. A Messina succede anche questo. Che un’impresa partecipi ad un’asta dei beni comunali, acquisti un lotto edificabile, poi se ne aggiudichi un altro confinante per avere la possibilità di realizzare un’area verde aperta a tutti, si assuma l’onere di sistemare una strada di competenza comunale e da quasi due anni si veda sistematicamente bocciare i progetti presentati. A denunciarlo è Mattia Girone, amministratore unico della “Casamica Immobiliare srl” che in una lettera inviata al commissario straordinario Luigi Croce chiede risposte per una vicenda che si trascina dal 2010. Anno in cui l’impresa partecipò ad una delle prime aste di alienazione dei beni di Palazzo Zanca pagando in un’unica soluzione il primo lotto (oltre un milione di euro) e successivamente aggiudicandosene un secondo per quasi 59 mila euro. L’idea dell’azienda era quella di costruire una palazzina di 18 appartamenti e, contestualmente, di realizzare un’area attrezzata a verde pubblico in una zona, come il torrente Trapani basso, che ne è priva.
“Vorrei chiarire – spiega la signora Girone- che noi non dobbiamo costruire a tutti i costi. Siamo imprenditori e abbiamo partecipato ad un’asta per un’area definita edificabile da chi ce l’ha venduta, il Comune. Abbiamo pagato in un’unica soluzione e a prova del fatto che non ci interessa una speculazione edilizia sic et simpliciter, abbiamo previsto anche uno spazio da destinare a verde pubblico per donarlo alla città”. L’area in cui, secondo i progetti di Casamica Immobiliare, si sarebbe dovuto costruire, è compresa tra altri due stabili e all’epoca della vendita non era tra quelle definite a rischio. Successivamente, però, anche con la delibera riguardante proprio la zona del Torrente Trapani, il Comune, che pure aveva venduta l’area in questione, ha bloccato ogni progetto edilizio. “Non vogliamo costruire a tutti i costi – afferma la responsabile dell’azienda – però non possiamo accettare che chi ci ha venduto il terreno possa poco dopo cambiare idea sulla destinazione d’uso dello stesso”.
Una vicenda a tratti paradossale, figlia del disordine urbanistico e normativa che, purtroppo, regna in città, in mancanza di un adeguato Prg, che per i proprietari della società immobiliare tocca il paradosso di fronte alla questione della vendita degli ex Magazzini Generali. “Un edificio stimato quasi 5 milioni di euro per il quale il Comune ha incassato meno della metà di quello che ha pagato la nostra società – si legge nel documento – con la rilevante differenza che noi non possiamo avviare il progetto edile per il quale abbiamo comprato i terreni e dobbiamo invece fare i conti con un ammanco economico e finanziario ed un mancato guadagno che ci stanno gravemente danneggiando. Ripeto, non vogliamo costruire in un luogo ritenuto a rischio per la città, ma non vogliamo e non possiamo scusare un’amministrazione che prima vende due terreni edificabili (con l’ulteriore scopo della riqualificazione degli stessi e della zona in cui insistono), poi li rende inedificabili (il che è opinabile, ma non sta a noi decidere), ma intanto ha già speso le ingenti somme che si è fatta pagare”.
Al commissario Croce la “Casamica Immobiliare” chiede la definizione immediata della vicenda. Diversamente, ancora una volta il Comune sarà portato in tribunale, dove dovrà rendere conto del proprio operato.