Davvero, non manca nulla. Secchi di vernice (vuoti) e tendaggi in disuso. Oppure estintori (!) dismessi, per quanto possa apparire incredibile. E ancòra tondini in ferro e vecchi pneumatici. Cartoni per la pizza e parti meccaniche d’aggeggi vari e contenitori usati per caffè da asporto . Le “bretelle” del torrente Calopinace, nella zona Sud di Reggio Calabria, sono una sorta di discarica. Ulteriormente pazzesco, non è il greto della fiumara – già “bomba ecologica” inguardabile di suo – a strabordare di tutti questi scarti.
No, c’è gente – per lo più non in regola con la Tari, l’imposta sui rifiuti – che viene appositamente a depositarli nelle aree di sosta di un’arteria a grande scorrimento. Doppia carreggiata, quattro corsie più corsia d’emergenza. Conducono alla tangenziale e al Centro direzionale di Sant’Anna, all’autostrada “A2” come a due frequentatissime stazioni di servizio. Che sono, peraltro, le uniche due di tutta Reggio città a erogare metano.
Tutto, su un morbido e infinito letto di sacchetti della spazzatura. Poi, però, a chiamarli lordazzi magari c’è qualcuno che s’offende, pure.
Ma le “gemme”, in casi del genere, non mancano mai. E quindi lo zozzone di turno lascia presumibilmente l’auto in una delle mini-piazzole di sosta lungo le “bretelle”. E poi s’inoltra brevemente a piedi, tra le sterpaglie (l’Amministrazione comunale disboscherà mai questa specie di savana?). E abbandona di tutto, di più: una lavatrice, come da foto grande giusto sotto il titolo. Ma pure un frigorifero.
Un po’ troppo ingombranti per un cittadino normale, evidentemente. Un po’ troppo ingombranti per essere smaltiti con la normale procedura per gli ingombranti.
E poi, vabbè, quasi non valgono le distese di piatti di plastica (lasciate da una famiglia numerosa?). Per estensione a perdita d’orizzonte ricordano le circa 250 tele delle Ninfee dipinte da Claude Monet. E ancòra, cataste di cassette della frutta, in compensato ma pure in plastica nera. Ombrelli; e pezzi d’elettrodomestici vari; e cestini gettacarte…
Ma l’elenco è sterminato, in aree di sosta che sembrano quasi “specializzate” per tipo di rifiuto diverso. Quindi non mancano le sedie, i cesti in vimini, le poltroncine girevoli fatte in mille pezzi. Ciabatte (anche spaiate), enormi tendaggi per gazebo (!). E poi cartoni, cartoni ovunque, come non ci fosse un domani.
E pezzi di carrozzeria d’auto, altri secchi di vernice strapieni di pietre. E cerchioni, ovviamente. Mentre in un luogo per lordazzi che si rispetti di certo non possono mancare cartoni di latte, pet di Coca-Cola, brik di succhi di frutta.
A un tratto, però, la micro-sorpresa: un giaciglio di gusci d’arachidi, come se in loco avesse consumato il suo pasto un elefantino. E un’altra “macro” come la pesante ventola esterna di un condizionatore d’aria (inservibile, si suppone). E ancòra pannelli e scaffali, scaffali e pannelli.
Ma guarda lì: ecco un televisore in frantumi. E poi bastoni per tende domestiche. Ed ecco, oh!, un giacimento che neanche l’oro in Klondike: in questo caso però sono scarpe, una miniera di scarpe, quasi tutte per bambini. Più avanti, borsoni malconci e suppellettili del tipo più diverso.
Inutile dire che anche qui, appena per caso le figure competenti portano via tutto questo schifo, la discarica a cielo aperto si riforma all’istante.