La soppressione della Stretto di Messina Spa; il recesso dal contratto con Eurolink (General Contractor per la progettazione e costruzione del Ponte); il non riconoscimento di alcuna penale e alcun debito. Sono i motivi per i quali il prossimo 16 marzo tornerà in piazza Rete No Ponte per chiedere che la partita del Ponte sullo Stretto si chiuda definitivamente.
E, nelle more, Rete No Ponte ribadisce alla Regione Siciliana la richiesta di ritirare immediatamente le proprie quote azionarie ed il proprio rappresentante in Consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina Spa.
“La scelta del Governo – scrive il Movimento – di rimandare di due anni la decisione su cosa fare del progetto ponte – che ha già sperperato centinaia di milioni di euro senza apportare alcun beneficio ai territori e ai loro abitanti – riapre, nei fatti, la partita. Mentre Berlusconi rispolvera la Grande Opera come argomento da campagna elettorale, Eurolink comunica l’intenzione di voler recedere dal contratto confessando, probabilmente, il vero obiettivo : la riscossione delle penali. Intanto Impregilo le penali le inserisce nei bilanci, facendo così lievitare il valore delle proprie azioni”.
Il Movimento sarà in piazza anche a Niscemi coi “No Muos” e in Valsusa coi “No Tav”: “La nostra critica al Ponte sullo Stretto è nell’ambito della più generale opposizione alla politica delle grandi opere, attraverso la quale ingenti risorse sono state trasferite dalle casse pubbliche a poche grandi imprese aggiudicatrici dei grossi appalti, secondo un sistema che, attraverso strumenti come il Project Financing e il General Contractor, ha impedito ai territori di decidere del proprio futuro e ai cittadini di prendere parola. Contro questi progetti e contro questo modello si è sviluppato negli ultimi dieci anni un forte movimento di lotta, da alcuni tacciato di rappresentare la voce dei No, ma che in realtà si è trasformato in un grande cantiere di idee per una nuova politica e per una idea nuova di convivenza nei territori. A tali mobilitazioni si sono affiancate le dure vertenze aperte sul territorio a difesa del posto di lavoro, per difendere diritti sociali acquisiti in anni di lotta, contro una crisi che si vuole fare pagare solo ai lavoratori e non ai veri responsabili”.