C’è stato un giorno in cui, contemporaneamente, scorrevano le immagini del massacro dei curdi e della mamma abbracciata al suo bimbo morti insieme giù, in fondo al mare, nel naufragio della barca di migranti.
Non ci può essere una classifica del dolore o dell’orrore.
Mi sono vergognata di essere uomo non soltanto per l’esistenza in sé delle due tragedie, ma per la “collocazione” delle due notizie in quella che noi giornalisti chiamiamo “agenda setting”, ovvero in fondo alla pagina.
Il fatto che due tragedie coesistano è già di per sé una vergogna, ma lo è ancor peggio l’assuefazione.La rete ha trasformato il nostro piccolo villaggio, anche interiore, in un mondo globale.
Il “click” ci ha dato un potere straordinario, che non è quello di assistere alla finestra ma è quello di FARE, di agire in qualche modo.
La rete ha mutato il nostro mondo politico perché ha tramutato in voti la protesta. Non è vero che siamo impotenti di fronte alla globalizzazione, non siamo spettatori, siamo protagonisti attivi. E’ grazie a milioni di click che persone normali sono diventati miliardari anche postando la loro vita, grazie a milioni di click ci sono fake news che hanno distrutto o fatto la fortuna di aziende e persone, politici, manager.
Nei giorni dell’orrore, mentre la Turchia usava le armi contro migliaia di civili curdi (pare anche armi chimiche), gli Stati stavano a guardare. Al più hanno rilasciato dichiarazioni di circostanza. Su facebook e sulle pagine della stampa, posizionate sempre più in basso via via che passavano i giorni, scorrevano le immagini.
Il dibattito a un certo punto non è stato sul fermare SUBITO il massacro, mobilitarci in modo concreto e serio, ma sulla finale di Champions League prevista il 30 maggio 2020 ad Istanbul, in Turchia.
Oggi stanno morendo bambini, donne, anziani, uomini, nei modi più efferati, la Turchia sta ridando fiato all’Isis ma noi discutiamo su di un evento ludico che avverrà nel 2020 (quando potrebbe non esserci più neanche un curdo vivo).
Ha fatto bene il ministro italiano allo sport Vincenzo Spadafora a scrivere all’Uefa a sollevare la questione. Fa un po’ orrore la risposta avuta dall’Uefa: “Revocare una finale di Champions è un atto forte dal punto di vista sportivo, non siamo ancora nelle condizioni di poterne parlare- ha detto Michele Uva, vicepresidente dell’Uefa-Valuteremo con il presidente Aleksander Ceferin e il comitato esecutivo, ma al momento mi sembra prematuro parlare di sanzioni di questo livello”.
In sintesi mentre Erdogan massacrava PERSONE, l’Uefa considerava la revoca di una partita di calcio del 2020 “un atto forte”. Figuriamoci se avessimo dovuto chiedere all’Europa un GESTO CONCRETO per fermare Erdogan, tipo sanzioni e divieti.
L’Europa, anzi i grandi dell’Europa (Francia, Germania, Inghilterra) sanno benissimo che non fermeranno un dittatore con dichiarazioni di circostanza. L’Italia poi ha un peso pari a zero in Europa quindi potremmo anche incatenarci in nome dei diritti umani ma la cosa non avrebbe alcun effetto.
Il semi-silenzio dell’Europa (Italia compresa) non è solo codardia: è complicità.
Abbiamo dimenticato che in Turchia i diritti umani vengono calpestati? Abbiamo dimenticato, in nome del cinismo politico, che in Turchia i giornalisti, gli intellettuali, gli oppositori sono TORTURATI e uccisi?
La verità è che ci stiamo assuefacendo alla morte. Pensiamo che i curdi sono troppo lontani da noi per piangerne la morte, la sofferenza. Pensiamo che quella madre piombata nel fondo del mare stretta al suo bimbo, è troppo lontana dal nostro abbraccio ai nostri figli.
Non è così. E non lo è solo per motivi umanitari, ma anche politici e logici.
Perché Erdogan sta tendendo la mano all’Isis e l’Isis tornerà in casa nostra.
I massacri dei curdi aumenteranno l’instabilità nel Medio Oriente, acuiranno vecchie ferite, apriranno nuovi fronti e questo equivarrà a nuove fughe verso l’Europa, nuovi flussi migratori. Nuove madri che affonderanno nelle nostre acque strette ai propri figli. Nel contempo anche l’Isis porterà nuovi lutti nelle nostre case.
Ecco perché quanto sta accadendo ci riguarda da vicino.
Pagheremo cara la nostra viltà, che diventa complicità. La pagheremo politicamente, perché la Turchia ha capito che il silenzio dell’Europa è DEBOLEZZA, è cinismo politico, e saprà di avere mani libere. L’unico che urla pace in questo momento è Papa Francesco.
Mi fa orrore pensare che l’Europa, culla di civiltà, possa diventare complice di Erdogan per motivi tattici, economici o politici. Mi evoca ricordi terribili. Il silenzio apre le strade all’inferno.
Mi chiedo come sia possibile nell’era della globalizzazione pensare che un fatto avvenuto in Siria possa non avere conseguenze nella nostra vita.
Se ci abituiamo alla morte degli altri, ci abituiamo alla nostra morte.
Essere in rete non significa stare alla finestra. La morte di ogni singolo piccolo curdo, di ogni piccolo migrante, è la mia, che non sto facendo niente per fermarla.
La globalizzazione ha anestetizzato la responsabilità individuale invece di potenziarla.
Quando mettiamo un like, twittiamo, postiamo, ci sentiamo cittadini del mondo. I like virtuali hanno conseguenze reali, come dimostra la globalizzazione dell’odio. Allora dovremmo usare questo potere per diffondere globalmente i valori della vita, usare il nostro potere per la difesa della vita.
Scriveva
John Donne: “Nessun uomo è un’Isola,
intero in sè stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della
Terra. Se una Zolla viene portata via dall’onda del Mare, la Terra ne è
diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto,o una ragione amica
o la tua stessa Casa. Ogni morte d’uomo
mi diminuisce, perchè io partecipo all’Umanità. E così non mandare mai a
chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te”.
Le campane di Erdogan suonano per noi. Ogni morte di un uomo mi diminuisce. Oggi siamo diventati infimi.
Rosaria Brancato