MESSINA – Tra il ricordo dei suo fuochi speciali, la Vara nel cuore e le sirene dei volontari, un sentito “ciao Giovanni”. Nel “suo” villaggio Santo, in una gremita chiesa Santa Maria della Consolazione, è avvenuto l’ultimo saluto a Giovanni Arigò. Quando si entra in chiesa si percepisce, tra le persone, un misto di stupore, dolore e incredulità nel rievocare quella mattina del 4 luglio a Messina, tra boato e odore acre di fumo. Una mattina in cui il titolare della Arigò Fireworks, quattro generazioni dedite ai fuochi d’artificio in oltre cento anni di storia, è saltato in aria nella sua azienda di famiglia. Per poi morire lo scorso 13 luglio al Centro grandi ustionati di Genova, dove era stato ricoverato in condizioni disperate.
Il gonfalone del gruppo storico della Vara, i volontari Caritas del Nucleo diocesano della Protezione civile, nel quale Arigò aveva fatto volontariato, la banda, i ricordi del prete che ha celebrato e che lo conosceva bene, padre Giovanni Pelleriti, affiancato dal parroco Enzo Maestri. E quest’ultimo ha confessato: “Da quel 4 luglio non riesco più a guardare i fuochi d’artificio. Sono stato a una festa e non ce la facevo. Il giorno dell’esplosione, ho capito subito cos’era successso. Ho visto il fumo in alto e ho pensato a lui”.
“Ogni 15 agosto mi diceva, prima dei fuochi: Sta andando tutto bene ma tu continua a pregare“, ha ricordato a sua volta padre Giovanni, raccontando il suo rapporto viscerale con la Vara. “Eri una bella persona e un maestro pirotecnico”, ha aggiunto la cugina Caterina dopo la messa. Poi la bara è stata portata verso il “suo villaggio Santo”, non lontano dall’azienda, tra le sirene del modulo antincendio, la banda e una grande folla. Lì, in alto, è avvenuta l’esplosione e Messina non può dimenticare.
A Giovanni Arigò, sposato e con due bambini, sarà dedicata la Vara. La madre e la sorella sono rimaste ferite nel soccorrerlo.