Ottimo l’esordio dell’opera prima del palermitano Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ex iena e volto noto di Mtv, che ha convinto tantissima gente, anche nella nostra città, dove – ci riferiscono i gestori dei cinema in cui è in cartellone – quasi tutte le proiezioni del finesettimana hanno registrato la sala pressoché piena. “La mafia uccide solo d’estate” (che, in tutta Italia, nel primo weekend, si è classificato quinto al botteghino, con un incasso totale pari a 756.949 €) cerca di spiegare cosa abbia voluto dire vivere nella Palermo delle stragi di mafia. Un racconto lungo vent’anni attraverso gli occhi di un bambino, Arturo, che cresce in una città affascinante e terribile, ma dove c’è ancora spazio per la passione e il sorriso. Il film infatti, è una storia d’amore che racconta i tentativi di Arturo di conquistare il cuore della sua amata Flora, una compagna di banco di cui si è invaghito alle elementari e che vede come una principessa. Sullo sfondo di questa tenera e divertente storia, scorrono e si susseguono, sapientemente raccontati, gli episodi di cronaca accaduti in Sicilia tra gli anni ‘70 e ‘90. Un modo nuovo, poetico e grandioso di raccontare la mafia. Un film che dissacra i boss e restituisce l’umanità dei grandi eroi dell’antimafia. Un sorriso ironico e mai banale sugli anni terribili degli omicidi eccellenti. «Essere un bambino –dice Pif nelle note di regia– a volte conviene. Perché imiti i tuoi modelli, cioè gli adulti. E se per loro non ci sono problemi, non ci sono neanche per te». Ma poi «il tempo ti rende più lucido, più distaccato e allora capisci gli assurdi compromessi che si fanno con la vita, in maniera più o meno cosciente, per andare avanti. Perché è faticoso uscire dal coro. Perché, per quanto amaro possa essere, sul momento si vive meglio abbassando la testa, e poi si vedrà».
Il film, girato a Palermo in quattro settimane, con l’aiuto dei ragazzi di Addiopizzo, ha vinto pochi giorni fa il premio del pubblico al Torino Film Festival. Nel cast, oltre alla brava Cristiana Capotondi (che interpreta Flora da grande) e Claudio Gioè (Francesco, l’amico giornalista), troviamo anche i messinesi Ninni Bruschetta che interpreta Fra Giacinto, un religioso simpatico ma colluso con i criminali, Maurizio Marchetti nei panni di Jean-Pierre, un eccentrico presentatore televisivo e Antonio Alveario nelle vesti del boss Totò Riina. Un film da non perdere, che serve ai più grandi per tornare indietro con la memoria a quegli anni e ai più piccoli per conoscere fatti, uomini e circostanze della nostra storia. «Quando sono diventato padre –dice il protagonista nelle battute finali del film– ho capito due cose: la prima che avrei dovuto difendere mio figlio dalla malvagità del mondo, la seconda che avrei dovuto insegnargli a distinguerla». (CLAUDIO STAITI)