“Lo sceneggiatore partecipa solamente alla prima delle tre fasi che danno vita ad un film: con le riprese e il montaggio il lavoro può sempre intraprendere direzioni imprevedibili, le storie spesso mutano così il loro percorso originario”. Protagonista del primo appuntamento del laboratorio De-Scrivere Cinema, lo sceneggiatore napoletano Massimo Gaudioso (“L’imbalsamatore”, “Gomorra”, “È stato il figlio”) si è intrattenuto con ironica e interessata partecipazione con gli studenti del DAMS e della Facoltà di Lettere intervenuti all’incontro organizzato presso il Dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università di Messina. A moderare il convegno la professoressa di Storia del Cinema Alessia Cervini e Francesco Gulletta della Film Commission Messina.
“Sono un autodidatta – racconta Gaudioso – ho osservato attentamente il lavoro di tanti illustri colleghi prima di accingermi a realizzare le mie prime sceneggiature. Analizzare il cinema, studiarlo, inaugurare percorsi al suo interno: questo il mio modello prima di diventare un addetto ai lavori. Il cinema, del resto, è un’arte unica che accosterei più alla musica che alla letteratura: per scrivere una sceneggiatura è fondamentale il senso del ritmo, la necessità di trovare una coerenza all’interno per rendere un’opera compiuta. Il nostro lavoro, in questo senso, è profondamente mutato nel tempo, penso ad esempio alle direttive ideologiche che informavano in passato gran parte del cinema italiano: film che un tempo ammiravo oggi mi appaiono lenti, talvolta lunghi e noiosi. Non preparo mai il soggetto, ma una semplice scaletta. Con Matteo Garrone abbiamo brevettato un modello di lavoro con i post-it che funziona ancora oggi con ottimi risultati: dividiamo con colori diversi i fatti che riguardano i vari personaggi, costruendo così le traiettorie che segneranno il film, la sua musica interna; abbiamo lavorato così, ad esempio, per incastrare le varie storie di ‘Primo amore’ e ‘Gomorra’. Per tornare all’assunto iniziale, Matteo è un regista controcorrente poiché mi coinvolge anche nella fondamentale fase del montaggio, il momento in cui un film trova la sua vera identità”.
Domenico Colosi