Secondo ed ultimo appuntamento con il festival fattosi festa. Non mi intratterrò sui verdetti – che saranno resi noti sabato sera – espressi dal pubblico presente nelle sale e su quello per la migliore opera prima, ove il giudizio dei critici è ancora fondamentale, essendo rimasta operante una giuria di qualità composta, fra gli altri, da Cristiana Capotondi, Valerio Mastandrea e Sydney Sibilia, sotto la presidenza di Jonathan Nossiter. Sottolineo che la mancanza di un vero e proprio “concorso” rende tutto più complesso e più semplice al contempo, anche se i giornalisti sono apparsi un po’ spaesati a riguardo.
La sezione “Alice nella città” è risultata punto di forza della rassegna, essendo, giorno dopo giorno, cresciuta l’attenzione e aumentate le presenze, e non solo dei più piccoli. Sottolineo la presenza di “Expo 2015”, con cortometraggi sul tema del cibo, come “Col cibo non si scherza”, proiettato nel corso della seconda giornata. Non mi soffermerò più di tanto sui tre lungometraggi italiani in concorso, “id est”, “Biagio” di Pasquale Scimeca – sulla storia di Biagio Conte, che ha il pregio di non risultare mai agiografico, basato com’è sulla ricerca del senso della vita – “La foresta di ghiaccio” di Claudio Noce – che porta sul grande schermo una fitta rete di misteri che covano sotto l’apparente serenità di un villaggio di montagna e nel cui cast, insieme a Adriano Giannini e Ksenia Rappoport, figura il regista Emir Kusturica – e “I milionari” di Alessandro Piva – che ripercorre il filone “Gomorra “ e “Anime nere”, ispirato alla figura del boss camorrista Paolo di Lauro, interpretato da Francesco Scianna. Ho apprezzato l’opera di Wim Wenders sulla potenza quasi lirica del grande fotografo sociale Sebastiao Salgado, “Il sale della terra” e la presenza di Franco Battiato, sul red carpet quale protagonista di “Due volte delta” di Elisabetta Sgarbi. Mi ha colpito la commedia “Love, Rosie” di Christian Ditter, storia dei giorni nostri, delicata, resa con leggiadria da Lily Collins.
Cito, ancora, “Escobar: Paradise Lost” di Andrea di Stefano, con un grande Benicio Del Toro, sulla complessa figura del criminale colombiano, nella sua grande negatività. Mi ha molto interessata la serie televisiva “The Knick” ove, superando gli steccati fra cinema e TV, ritroviamo un grande Clive Owen, nei panni di John Thackery, chirurgo cocainomane, geniale e razzista, che opera nella New York di inizio ‘900 (l’ambientazione è ben riuscita) sperimentando nuovi metodi – nelle operazioni a cielo aperto scorre molto sangue – e frequentando torbide fumerie d’oppio. Altri personaggi sono il Dr Bertie Chickering, il suo pupillo Everett Gallinger, l’infermiera Lucy Elkins, il tremendo autista d’ambulanza, Tom Cleary, l’amministratore d’ospedale, Herman Borrow ed il collega di colore, dr. Eward, contro cui, oltre che Thackery, ricorrono gli stessi pazienti.
Non posso fare a meno di citare l’interpretazione dell’immenso Richard Gere nell’opera del cineasta Oren Moverman “Time Out of Mind” (che ha ricevuto buona accoglienza dal pubblico e suscitato commozione nella stampa) incentrata sulla figura di un senzatetto, resa attraverso una operazione – verità, senza mai scadere nel melenso, ma quale full immersion nell’esistenza di un uomo impastato solo di presente, assente al mondo, esente di memorie e defraudato del futuro. Spero nella distribuzione di “Angels of Revolution” e di “Kamisama no Intoori”, lungometraggi di due grandissimi cineasti (entrambi premiati a Roma, Fedrocenko e Takashi Miike) che non sono riuscita a vedere, ma dei quali si è “favoleggiato”. Ricordo una massima del regista russo “La bellezza è al di sopra delle idee”.
Tratterò in seguito compiutamente, in contemporanea all’uscita nelle sale, del bellissimo film “Still Alice”, già ben accolto a Taranto che sarà distribuito in Italia da Good Films con il titolo “Perdersi”, dal bestseller di Lisa Genova, che ha potuto contare sulla recitazione impeccabile di una Julianne Moore in odore di Oscar, in una performance intensa e profonda riguardante una donna colpita dalla “malattia dei neuroni”. Ugualmente, rimando la trattazione di altri due film di prossima uscita a novembre (rispettivamente il 13 ed il 27) e cioè “Il mio amico Nanuk” (proiettato per la sezione “Alice nella città”) che descrive con tocchi di estrema delicatezza l’amicizia fra un ragazzino e un “piccolo” ma ingombrante orso bianco che deve ritrovare la madre perduta, nella stupenda ambientazione del mondo dei ghiacci, e “Trash”, opera d’azione, insieme favolistica e disturbante, girata in una “ricostruita” discarica brasiliana. E con questi rinvii si chiude anche questo ulteriore spaccato sul Festival di Roma, nel quale hanno trovato spazio film popolari e d’autore, autori sofisticati e più “leggeri”, il voto popolare si è integrato con quello della giuria, il mercato e l’industria del cinema hanno cooperato in vista di obiettivi comuni. La Festa è comunque riuscita nell’intento precipuo, quello promozionale delle opere cinematografiche: tocca ora alla distribuzione dei film stessi nelle sale.
Tosi Siragusa