Questa è la storia della ventenne Thelma ,apparentemente fragile, nel periodo critico del suo arrivo a Oslo , per la frequenza universitaria,con alloggio in una grigia stanzetta dello studentato, dal piccolo paesino provinciale in cui fin lì aveva trascorso l’esistenza, in isolamento, con i genitori infervorati dal credo cristiano, in riva ad un lago. La giovane è introversa e in uno attratta e sconvolta dalla nuova vita che le si apre innanzi e non riesce a dominare le emozioni che la agitano – compresa l’attrazione, del tutto ricambiata, verso la conturbante compagna di corso, Anja – e il suo corpo è attraversato da manifestazioni fisiche, convulsioni, che potrebbero apparire quali crisi epilettiche o espressioni di mera isteria, se non fosse per i poteri paranormali che sembrerebbero caratterizzarle.
E così, questa ragazza irrisolta, parrebbe agita dai suoi stessi desideri più profondi che, realizzandosi, sembrerebbero condurre ad azioni poco nobili davvero … .e sarebbe un potere enorme e anche oneroso, però, ma il tutto potrebbe infine essere ispirato solo ad un linguaggio metaforico, come – e solo a titolo esemplificativo- per l’elemento ricorrente hitchcockiano degli uccelli neri, simbolo degli istinti più profondi, che ispirano terrore, ma anche per l’ossessiva immagine dei serpenti, chiaro riferimento alla sessualità. L’elemento acquatico poi, a conferma della tesi delle metafore significanti, è perennemente presente,ora come lago della casa di famiglia, ora come superficie ghiacciata e piscina, per attestare quella profonda immersione della giovane nel proprio inconscio, per poter acquisire una nuova consapevolezza di sé, quale essere altro dalla coppia genitoriale rimasta imprigionata nel misterioso lutto filiale. La timida Thelma potrebbe essere in realtà meramente condizionata, e fortemente, dalla bigotta educazione impartita dai genitori, ed esprimerebbe il disagio provocato dalle contrapposte sensazioni, sconquassata dal dolore di doversi ribellare alla repressione inculcatale ad opera genitoriale – con quel padre normativo e quella madre divenuta paraplegica per un tentato suicidio e sempre depressa – con quel suo desiderio che poco a poco la prende, sempre più intensamente, di liberarsi dei tabù nascenti dalla più rigida società nordica. Thelma non conosce se stessa e il suo percorso di maturazione e integrazione sociale, davvero difficile, deve passare attraverso tappe di crescita molto pesanti, come simboleggiate dalla morte, in un apparente fenomeno di autocombustione, del padre. I sensi di colpa la fanno da padroni, ma si scontrano con la volontà e il libero arbitrio e il finale fa residuare punti di domanda: trattasi di un elogio della autodeterminazione, di una legittimazione di onnipotenza, e ancora ,la scelta del soggetto, come elemento casuale, potrebbe significare che ogni realtà è doppia? Si procede comunque come sul filo di rasoio, su un terreno che potrebbe apparire scivoloso e fare sconfinare, non volendo, l’opera nel ripetitivo e nel banale.
Il regista norvegese Joachim Trier, già apprezzato per Segreti di famiglia e Oslo 31 agosto, riesce però, con l’eleganza, le lente sequenze, e la sua connaturata compostezza, a superare i limiti di tale percorso e, sempre magistrale gestore della tensione -come nella scena di seduzione a teatro – ben rende quelle atmosfere sospese condite dai potenti effetti sonori, ove il controllo nordico prelude a forme di ribellione …. e siamo vicini a Ingmar Berman , ma lo stile ricalca più quello depalmiano, immerso però nel gelo norvegese e nel silenzio imperscrutabile,come il processo interiore di Thelma . Il lungometraggio si può ascrivere al genere thriller-orrorifico, ove l’aspetto paranormale – o quello che vorrebbe farsi passare per tale- è quello meno riuscito. La sceneggiatura, ben confezionata, con gli scarni dialoghi, l’affascinante epilogo e i brevi e laceranti flashback – simili a squarci sul tremendo passato della famiglia – è dello stesso Trier e di Eskil Vogt, la fotografia , splendida – con quel rosso del sangue che contamina il candore niveo del latte caduto- di Jacob Ihre, e gli interpreti, Eili Harboe, Okai Kaya,Henrik Rafaelsen, Ellen Dorrit Petersen, e Grethe Eltervag, tutti ben calati nei rispettivi ruoli, ove primeggia in assoluto la perfetta protagonista, con le ambigue sembianze angeliche, somigliante alla Mia Farrow in Rosemary’s Baby di Polansky, e con poteri che potrebbero rimandare a quelli della Lucy di Besson. L’eroina potrebbe anche rappresentare l’oltreuomo nietzschiano, che vorrebbe affermare la sua volontà al di là del bene e del male, dominando i suoi simili psichicamente. Thelma appare anche empaticamente legata alla natura misteriosa, e la religiosa visione del mondo dei genitori si potrebbe ritenere distrutta dalla moderna civiltà tecnologica, ove il serpente potrebbe essere il dio della tecnica, padrone del fuoco che, simbolicamente, arderà vivo il genitore: anche il serpente, poi, si potrebbe ritenere superato da una forma di volontà superiore, in una visione pacificata dal dominio della volontà di affermazione.
Tosi Siragusa