La malafesta. Nuovi miserabili

Il 14 e 15 aprile, presso il Clan Off Teatro di Messina, è andato in scena La malafesta, con testi e regia di Rino Marino e interpretazione di Fabrizio Ferracane e dello stesso Marino (del quale si è intuita la assonanza professionale con la follia e i suoi dintorni) che si è anche occupato delle scene, dei costumi e delle luci, unitamente, per quest’ultimo elemento tecnico, a Ferracane; le musiche, infine, sono di Mimmo Accardo e gli effetti sonori di Antonino Bonanno.

La malafesta dell’intitolazione è una festa ma miserabile, fuori da ogni garbo e dalla giusta datazione, un Natale allucinato, che vorrebbe rompere, attraverso un salvifico immaginario, quel tempo/spazio immoto, contrassegnato da ripetizioni di giorni stagnanti dei due miseri protagonisti, spersi e alla deriva, asserragliati in un territorio quasi sospeso, due fantocci imbrigliati negli infernali meccanismi della quotidianità, al di fuori di ogni grazia. L’ambientazione del resto è desolante (la dimora di “Taddrarita”): un lettuccio sfatto, due sedie a fungere da comodino (che sembra non aver altro scopo che reggere una vecchia sveglia ferma alle ore 8) altre due (quali sedute) e un catino malconcio, il tutto espressione di ordinaria infelicità e spietata tragicità, e non con riferimento a mere situazioni di svantaggio sociale,pure date per sussistenti. E’ tutto come pervaso da una atmosfera grottesca e atemporale e queste povere menti che si confrontano appaiono come ottenebrate da una logica malata – e cercano invano di governare i fili mentali immaginati quali esche da sbrogliare – mentre insetti molesti (moschine che il DDT non riesce a debellare) interagiscono fastidiosamente e risuonano antiche filastrocche. Il tessuto narrativo è volutamente cerebrale, a tratti forzato, ma riesce comunque a dipanarsi, magistralmente diretto con ottima articolazione e grazie alla bravura degli interpreti, che passano attraverso percorsi di lotte, soccorso, sfide, giochi perversi, prevaricazioni e inversioni di ruoli fino alla provocazione reciproca di inscenare quella malafesta, che potrebbe divenire catartica e interrompere almeno per un pò quell’infelicità senza desideri, con il filtro nebbia montato per addomesticare i ricordi. Ed ecco allora che uno sgraziato ballo al suono di un valzer d’organetto fa riaffiorare visioni di un tempo andato e rivisitazioni delle storie personali che si mescolano a comuni spettri della memoria- come lo sfortunato Ruggero morto giovane, la procace Baronessa e l’amato cane Cocò- con il tragico e il comico che si rincorrono, spesso rimpiazzati dal grottesco, e si scava e si scova nelle piaghe degli animi a mezzo della lingua siciliana, un palermitano pensato come pesante. Quel momento di goliardia sopra le righe è quasi subito interrotto da un ritorno entro i ranghi, l’atmosfera torna ad essere raggelata, di un grigiore disgraziato come le esistenze dei due personaggi, che riappaiono immersi in un dolore inconsolabile, nel malessere insito nella condizione umana. Il preteso infimo, infatti, che potrebbe provenire dall’appartenenza ad una classe sociale svantaggiata, in realtà è espressione dell’inutilità stessa dell’esistenza, ove collante pare essere l’infelicità.

La piece è come un pugno sferrato in pieno viso e lascia un retrogusto di pesante disagio. Anche Malafesta, come già il monologo Orapronobis, che ha debuttato a Castelvetrano nel 2014- la scelta che non è casuale, essendo quello il luogo di provenienza dei due artisti – è frutto del sodalizio riuscito Marino/Ferracane; Ferracane, giova ricordarlo, è stato altresì qualificato interprete di fiction televisive e opere cinematografiche, tra le quali si menziona la fortunata e pluripremiata Anime Nere del 2014, con la regia di Francesco Munzi, che, proprio nella saletta del Clan Off, è stata proiettata nella serata del venerdi 13 Aprile, alla presenza dell’attore stesso.

Tosi Siragusa