La classifica “Geography Index” dell'osservatorio Jobpricing, pubblicata a fine novembre, traccia il quadro delle retribuzioni medie rilevate nelle 110 province Italiane. Messina guadagna due posizioni rispetto al 2015 ma c’è poco da festeggiare al 106° posto. Nella lista delle “peggiori” province in questa speciale classifica, la città dello Stretto è superata soltanto da Ragusa (107a), Crotone (108a), Matera (109a) e Lecce (110a).
In termini assoluti, Messina registra una retribuzione annua media che si aggira intorno 23.487 euro per lavoratore. Al primo posto si riconferma la provincia di Milano, con una media di 34.414 euro, circa 11 mila euro in più rispetto ai cittadini della provincia di Messina.
Come si legge nel rapporto, l'unica caratteristica utilizzata per creare la graduatoria è la sede di lavoro del dipendente. Il report contiene la graduatoria delle 20 regioni italiane e delle 110 province, suddivise in 3 fasce di merito, l’ultima riservata, quasi esclusivamente e senza sorpresa, alle province del sud.
Al Sud si guadagna meno e la classifica delle regioni rivela uno scenario impietoso. La Sicilia è 16a, terza tra le regioni meridionali, dopo Campania e Sardegna. Le retribuzione media dei lavoratori siciliani è di 25.277 euro. Inesorabile il confronto con le regioni del Nord Italia: in Lombardia lo stipendio medio è di 31.542 euro, in Val d'Aosta 29.920 euro e in Liguria (€ 29.371). Lontano dall’Olimpo degli stipendi del nord Italia, qualche differenza si può riscontrare anche tra le nove province siciliane. Messina è al penultimo posto, con un livello di retribuzione annua inferiore alla media siciliana del 7,1%. Nella forbice degli stipendi dei siciliani, si va dai 27.559 euro nella busta paga di un lavoratore di Palermo, ai 23.439 euro in provincia di Ragusa.
Contestualmente, Messina vede salire la retribuzione media di oltre 700 euro rispetto a un anno fa: si passa dai 22.771 euro nel 2015 ai 23.487 di oggi. Un incremento che però non regala troppo ottimismo. Rispetto alla media nazionale (29.176 euro), nella città dello Stretto si guadagna circa il 20 percento in meno.
La particolare graduatoria elaborata da Job Pricing, basandosi sui soli stipendi dei dipendenti, e limitandosi al settore privato, scatta una fotografia parziale della polarizzazione sociale ed economica italiana. Disuguaglianze che non tengono conto, ad esempio, delle rendite patrimoniali o della ricchezza derivante dai redditi nel settore pubblico che attenua il peso del divario, soprattutto a Roma e nel meridione.
La classifica, però, offre un quadro generale delle dinamiche economiche nelle regioni italiane e conferma la necessità di investimenti al sud, dove l’impoverimento salariale e il disimpegno del pubblico dall’economia colpiscono più duramente le fasce deboli della popolazione. L’emigrazione ne è la naturale conseguenza. L’emorragia inarrestabile di giovani si riflette sulle prospettive di una città che, guardandosi allo specchio, si vede sempre più anziana.
Gabriele Quattrocchi