Quasi due milioni di disoccupati (1.944.000) nella fascia di giovani che va tra i 25 e i 34 anni. E’ questo il primato negativo che l’Italia si è “guadagnata” in Europa per il più alto tasso di giovani inattivi, 25,9 per cento contro il 15,7 per cento di media. E se l’Italia ha il primato in Europa, in Italia il “quasi” primato spetta, guarda un po’, a Messina, che nella poco lusinghiera classifica si ritrova al penultimo posto, seguita solo da Benevento. Terzultima è Vibo Valentia, poi ci sono Foggia e la dirimpettaia Reggio Calabria. E’ questo il quadro dipintoda uno studio effettuato da Confartigianato, che sembra scoprire l’acqua calda quando evidenzia che la peggiore situazione si evidenzia al Sud: qui i giovani disoccupati, sul totale, sono 1 milione 120 mila, la maggior parte dei quali sono donne.
Secondo il rapporto di Confartigianato, Milano è la “capitale” dell’Italia interessata ad offrire lavoro ai giovani under 30. Le imprese del capoluogo lombardo prevedono di assumerne 49.350 nel 2011. Seguono, nella classifica delle province con le maggiori opportunità di occupazione per i giovani fino a 29 anni, Trieste, Bologna, Rimini e Firenze. Agli ultimi posti tra le province con le minori chances di lavoro, appunto, Reggio Calabria, Foggia, Vibo Valentia, Messina e Benevento. Una strada per avvicinare i giovani al mondo del lavoro si conferma l’apprendistato: in Italia gli apprendisti sono 530.368 e, tra i giovani con lavoro dipendente, il 19,5% per cento è occupato con questo tipo di contratto.
Tornando alla pessima posizione di Messina, il dato non può certo stupire. Nella nostra città il settore che ha dato storicamente più lavoro è stato il pubblico e dal punto di vista imprenditoriale, tranne rarissime eccezioni, tutto si è concentrato sul terziario (specie il commercio) e sull’edilizia. Oggi il pubblico non garantisce più nulla, il terziario è in crisi per via dell’ovvio calo dei consumi (è il cane che si morde la coda) e l’edilizia, che ha navigato per anni nel sommerso non riuscendo, però, a creare un vero sviluppo lavorativo, è anch’essa in crisi a causa della saturazione del mercato e della deprimente mancanza di appalti pubblici. Nonostante ciò realtà storiche della città chiudono battenti proprio per lasciar spazio al cemento. E la parola sviluppo, nella città di Messina così tanto legata ai bassifondi di qualsiasi classifica, sembra sempre più una chimera.