Avrebbe realizzato un patrimonio enorme sfruttando i rapporti con i boss della mafia catanese e barcellonese. Vincenzo Pergolizzi, 61 anni imprenditore edile di Milazzo, si è visto ora confiscare il patrimonio, stimato in oltre 25 milioni di euro. Il sequestro era scattato in due battute, nell’autunno di 4 anni fa, e ora la Corte d’Appello ha confermato la confisca. Perché tutto passi definitivamente allo Stato bisognerà ora attendere il vaglio della Corte di Cassazione, che potrebbe comunque ribaltare io verdetto.
Pergolizzi è finito sotto la lente d’ingrandimento della magistratura, già diversi anni fa, per i suoi contatti con esponenti mafiosi dei clan Cappello di Catania e quella capeggiato da Carmelo Vito Foti a Barcellona. Più volte avrebbe fornito il proprio contributo alla causa nascondendo nei suoi appartamenti latitanti ed armi. Sotto chiave sono così finiti conti correnti, barche intestate a familiari, amici e perfino alla segretaria. Di Pergolizzi si era parlato già nel lontano 1984 quando aveva nascosto a Milazzo due latitanti siracusani. Per questa vicenda era stato poi condannato a due anni di reclusione. Questo genere di rapporti è poi proseguito negli anni fino al 2009, come hanno accertato le indagini della DDA coordinate dal procuratore capo Guido Lo Forte e dai sostituti Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio.
Nel 1999 Pergolizzi era stato arrestato per concorso esterno, accusa derubricata in sentenza ed estinta, oltre 10 anni dopo. L’imprenditore era accusato di aver dato ospitalità nel 1989 ai boss catanesi Turi Cappello e Nino Pace. Inoltre il figlio di Turi Cappello, Santo, quando si recava a Messina era ospite di Pergolizzi in una villa di Mortelle. L’imprenditore poi non faceva poi mancare abiti e scarpe eleganti al boss latitante. Le indagini della DDA hanno fatto emergere parecchie anomalie nella gestione dei conti di Pergolizzi e dei suoi familiari.
Numerose operazioni bancarie sospette che hanno poi trovato conferma nelle indagini dei Carabinieri. E’ il caso di alcuni flussi di denaro inspiegabili che nasconderebbero operazioni di riciclaggio, Come i 500mila euro finiti sul conto corrente della madre 85enne di Pergolizzi e versati da un uomo residente in Campania. C’è poi il caso della segretaria dell’imprenditore. Con uno stipendio annuo di 14 mila euro si poteva permettere una barca di 20 metri e parecchi appartamenti, tutti risultati intestati a lei.
Lunga la lista dei beni posti sotto sequestro dai Carabinieri della Compagnia Messina Centro: tre società edili – la PER.EDIL srl, che ha realizzato il complesso Aralia, la CO. STE. SON. Srl. e la Costruzioni E.P. srl. Ancora: una operante nel settore della panificazione, CE.DI.PAN, 4 abitazioni, due a Milazzo, una a Lipari, una a Pace del Mela, 3 terreni 10 automezzi, fra cui una Cadillac Escalade 6000 ed una Jaguar, una imbarcazione di oltre 20 metri, 22 rapporti bancari.
Poco dopo i carabinieri misero i sigilli anche a beni intestati ai familiari: un’altra Jaguar, modello Xj, una Opel Corsa, una Citroen C1, due furgoni, un autocarro, un terreno a Messina ed altri immobili a Milazzo.