Il De Luca social, streaming, facebokkiano, non è nato come un fungo, fa parte invece di una nutrita “famiglia” di politici che hanno intuito in che direzione andava il cambiamento nel sistema di comunicazione e hanno messo la freccia, lasciando indietro gli altri. Lui, come Salvini, Di Maio, Di Battista, Trump, hanno “annusato” l’aria e non si sono fatti governare dal cambiamento, ma l’hanno governato. In una stagione di nera crisi in cui il popolo italiano sembra voler consegnarsi all’uomo forte, all’uomo solo al comando, tutto questo deve fare riflettere.
In principio furono i 5stelle di Grillo e Casaleggio senior (ricordate le dirette streaming delle consultazioni dopo le Politiche del 2013?). Sempre nel 2013 Accorinti basava parte della campagna elettorale sui social, grazie ad uno staff esperto e lungimirante. Cinque anni dopo (e nel mezzo c’è l’elezione di Trump e lo scandalo Cambridge Analytica) assistiamo ad una evoluzione del rapporto tra i politici e l’elettorato, in modo irreversibile.
Di campagna elettorale in campagna elettorale il sistema è arrivato all’azzeramento dei filtri tra il politico e l’elettore, o la pancia di quest’ultimo. Perché i social raramente puntano alla testa. Tirano dritto alla pancia.
Oggi l’italiano medio è convinto che il premier sia Salvini. Nel 2014 lui ed il suo staff ha studiato quella che nel 2016 è diventata “La Bestia” (così l’hanno chiamata).
Oggi la Lega sta corrodendo il M5S usando ed amplificando proprio quegli strumenti che hanno fatto la fortuna politica del movimento di Grillo. In entrambi i casi associano al saper parlare la “piazza”, l’utilizzo di un’altra piazza ben più ampia, quella virtuale. Il team della Bestia non è composto da figli dell’esorcista ma da giovani normalissimi, nutriti ad omogenizzati e informatica. Da due anni gestiscono la sua rete social, studiando i post che hanno migliori risultati ma soprattutto i commenti e le reazioni dei followers. In base a quelle reazioni MODIFICANO la strategia ed il successivo post o tweet. E’ così che quelle che erano le paure profonde del popolo italiano sono diventate “materia” politica, dall’immigrazione all’Europa matrigna. Diversificano il messaggio in base allo strumento (Facebook, Instagram, Tweet, mail). Attraverso reti di troll (cioè profili falsi gestiti da gruppi di persone) e attraverso l’acquisto di like infine si innesca un altro meccanismo: se metto un like o condivido qualcosa che ha già centinaia di mi piace o condivisioni, rafforzo i miei convincimenti e nel contempo sono contento che quel politico la porti avanti. In realtà è il contrario, è il politico che ha assecondato quello che stava montando nei commenti.
I politici non usano fake news ma in un certo senso le creano, perché partono da una base vera e la e modificano fino a farla diventare “cultura condivisa” perché “se lo dice lui” deve essere vero. Con lo streaming infine il lettore-elettore si sente protagonista e persino “grato” per essere stato coinvolto in questa fase decisionale.
Questo è il filo social che unisce tutti, da Trump a Salvini e i 5Stelle fino a De Luca, che ha impostato l’intera campagna elettorale sul dosaggio tra social, comizi e “parte istituzionale” (cioè comunicati stampa).
Ci sono nuove generazioni, migliaia di ragazzi che non leggono giornali e non guardano tv, ma hanno il cellulare sin dall’adolescenza. La nuova classe politica che guarda a “piccoli elettori crescono”, non ha più bisogno del giornale di partito, dell’ufficio stampa. Gli basta un telefono ed uno staff che cura i profili social, con tanto di spin doctor digitale.
Il ministro Toninelli prima ancora di fare un comunicato stampa ha annunciato su facebook d’aver sostituito il vertice di Ferrovie. Il sindaco De Luca, sin dal primo giorno, ha trasformato il suo profilo facebook in un ufficio stampa H24.
Ricordo che nel 2013 contestai all’allora esperto di Accorinti, Giampiero Già, un comunicato diffuso tramite facebook piuttosto che tramite ufficio stampa. Pioneristicamente aveva ragione lui. Dal 2013 in poi i profili social dei politici, i tweet, sono diventati fonti ufficiali di notizie. E lo sono h24.
Il Corriere della Sera ha seguito la campagna elettorale di marzo attraverso i tweet dei protagonisti. Quando la Isoardi ha postato su Instagram la foto di lei che stira le camicie di Salvini, sui giornali sono stati pubblicati fiumi di articoli sul ruolo di una first lady. Dopo aver parlato col presidente della Repubblica, il 21 maggio, Salvini è salito sulla terrazza della Camera ed ha fatto una diretta facebook di 10 minuti per spiegare ai suoi followers cosa era successo. La “sua verità”. Tutti i giornalisti sono stati costretti a “inseguire” la notizia ma nel frattempo Salvini aveva raggiunto l’obiettivo, che non era parlare alla stampa, ma al suo “pubblico” .
La stessa cosa fa De Luca, con dirette costanti e su tutto, raccontando la sua verità ma anche, ed è la prima volta che accade, facendo riunioni sui bilanci in diretta, alla presenza di parti sociali, politiche. Tutto senza filtri, senza pareti.
Il modo di fare comunicazione politica è radicalmente cambiato. Può piacere o non piacere ma l’unico punto di partenza, per quanti operano nel mondo politico, dell’informazione e della comunicazione, deve essere questo.
Noi siamo tutti dentro “la bestia”, di qualunque colore politico sia, sia essa giallo verde, rossa, azzurra o bianca. C’è qualcuno che ci studia, quando mettiamo un like o cerchiamo qualcosa su google, quando visitiamo una pagina o guardiamo un video.
Agli inizi del XIX secolo il luddismo fu un movimento di protesta contro l’avvento della catena di montaggio e delle macchine. Sappiamo come finì.
A noi giornalisti inorridisce inseguire le pagine facebook dei politici o vedere che quegli stessi documenti che cercavamo per ore nelle stanze chiuse sono lì, postate su facebook, o che quei dibattiti che raccontavamo sono in streaming.
Ma il giornalismo non è morto e che fin quando ci sarà anche un solo giornalismo che informa, cerca la verità reale, allora saremo in una democrazia reale e libera.
Quando c’è in atto un cambiamento o lo governi o ne sei sopraffatto. Questo vale per i giornalisti come per i politici “vecchio stampo” o per tutte quelle forze partecipi di una comunità che non vogliono “sparire” essere inghiottite da nessuna “bestia” virtuale.
Dobbiamo iniziare da qui, con lucidità, senza alibi, arroganze e con umiltà. O governiamo il cambiamento o ci facciamo sopraffare.
Rosaria Brancato