Società

Confedilizia Messina. Case, immobili e condominio in pillole

La rubrica a cura di Confedilizia Messina

Plusvalenze da cessione di immobili con interventi superbonus

Con circolare n. 13/E del 13.6.2024, l’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito alla nuova fattispecie di plusvalenza tassabile, derivante dalla cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati con superbonus, conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo.
La circolare fornisce utili chiarimenti, ad esempio circa il fatto che la fattispecie, in quanto classificata tra i redditi diversi, si applichi non solo alle persone fisiche (purché il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni), ma anche ad altri soggetti che possono conseguire redditi diversi, quali ad esempio le società semplici e i soggetti a esse equiparati ai sensi dell’art. 5 del Tuir, e gli enti non commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lettera c), del Tuir, se l’operazione da cui deriva il reddito non è effettuata nell’esercizio d’impresa commerciale.

Le nuove disposizioni si applicano alle cessioni poste in essere a decorrere dall’1.1.2024; in merito alla tassazione mediante imposta sostitutiva del 26% (ex art. 1, comma 496, della l. n. 266/2005), per la quale si era espressa qualche perplessità sul fatto che si potesse applicare a tutte le cessioni di immobili in esame, la circolare non sembra porre alcun limite e pertanto, ove il contribuente intenda avvalersene, ne deve fare richiesta nell’atto di compravendita al notaio, il quale provvede anche all’applicazione e al versamento dell’imposta sostitutiva, ricevendo la provvista dal cedente. Il notaio, inoltre, è tenuto a comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi agli atti di compravendita da lui stipulati.
Ove invece il cedente non intenda avvalersi dell’imposta sostitutiva, e non rilasci la dichiarazione al notaio, dovrà assoggettare la plusvalenza a tassazione in sede di dichiarazione, con applicazione della tassazione ordinaria ai fini delle imposte sui redditi.
Si ritiene che il controllo della sussistenza delle condizioni per assoggettare o meno a tassazione la plusvalenza non sia compito del notaio, ma spetti unicamente al contribuente, che dovrà verificare e documentare i diversi requisiti (ultimazione da non oltre cinque o dieci anni, l’acquisizione per effetto di donazione o per successione, la natura di abitazione principale dell’abitazione oggetto di compravendita, la modalità di fruizione del Superbonus, con detrazione o con opzione, ecc.)

Condominio e installazione di un condizionatore

Con l’arrivo del caldo è bene tornare a fare il punto sulle regole da rispettare per l’installazione di un condizionatore in ambito condominiale. Se è vero, infatti, che alla luce dei principii del codice civile, ciascun condomino ha diritto di servirsi della cosa comune, è anche vero, però, che, in considerazione di questi stessi principii – la cui validità permane anche dopo la legge di riforma dell’istituto condominiale (l. n. 220/2012) – l’esercizio di tale diritto non deve alterare la destinazione del bene comune, né impedirne l’altrui paritario uso, né tantomeno recare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. E proprio a quest’ultimo aspetto, il decoro dell’edificio, bisogna fare più attenzione allorché si voglia installare un condizionatore. Occorre, allora, ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto illegittima la collocazione di un voluminoso condizionatore sulla facciata condominiale, turbando tale installazione “l’equilibrio estetico complessivo dell’edificio”; e ciò, anche quando tale facciata “non sia esposta al pubblico, ma solo ai condòmini” (Trib. Milano sent. 9.1. 2004). Sempre la giurisprudenza ha anche osservato che non rileva la circostanza che la facciata dell’edificio risulti già deturpata da altri interventi, giacché tale circostanza “non autorizza” comunque a deturpare ancora di più (Cass. sent. n. 1286 del 25.1.2010). Inoltre, che il fatto che l’edificio non sia di particolare pregio “non esclude, di per sé, che possa sussistere un’alterazione apprezzabile del decoro architettonico” (si veda, ancora, Cass. sent. n. 1286/ 2010). Irrilevante – secondo la magistratura – è pure un’eventuale autorizzazione concessa dall’autorità amministrativa, giacché “il rapporto tra la pubblica autorità e il condomino esecutore dell’opera non può incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condòmini” (Cass. sent. n. 20985 del 6.10.2014). Quanto sopra con l’ovvia precisazione che, ove il condominio sia dotato di un regolamento di origine contrattuale (cioè, approvato da tutti i condòmini o da tutti espressamente accettato) che disponga in tema di decoro architettonico, bisogna senz’altro attenersi, nel collocare il condizionatore sulla facciata comune, a quanto tale regolamento prevede. Uguale attenzione occorre prestare, naturalmente, a ciò che stabilisce, in punto, il regolamento edilizio locale. Oltre alla questione del decoro, va poi tenuto presente – per completezza – che l’installazione in questione non deve recare pregiudizio ai vicini. Il che può avvenire, ad esempio, allorché dal condizionatore derivino rumori molesti. Tali rumori, infatti, sono uno dei motivi di maggior contenzioso in ambito condominiale. La materia trova la sua regolamentazione nell’art. 844 cod. civ., secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni ove queste non superino il limite della normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. In proposito la Cassazione ha precisato che tale disposizione “è applicabile anche negli edifici in condominio” (sent. n. 3090 del 15.3.1993) e che detto limite “non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi” (sent. n. 5157 del 27.7.1983). Più di recente la Cassazione, tornando sul tema, ha anche chiarito, per un verso, che, quand’ – anche le immissioni sonore non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale di cui alla l. 26.1.1995, n. 477, sull’inquinamento acustico, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va “compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice”, tenuto conto delle particolarità della situazione concreta (sent. n. 1151 del 27.1.2003). Per altro verso, che, comunque, “non è errato misurare la soglia di accettabilità facendo leva” sulla predetta normativa speciale. A parere dei giudici, infatti, “se l’immissione acustica è tale da pregiudicare la quiete pubblica, a maggior ragione essa, ove si risolva in una emissione sonora nell’ambito della proprietà del vicino – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, al suo effetto dannoso – deve, per ciò solo, considerarsi intollerabile, ex art. 844 cod. civ. e, pertanto, illecita anche sotto il profilo civilistico” (ord. n. 32943 del 20.12. 2018). Interessante in tema di rumori molesti è anche la precisazione, operata sempre dalla Suprema Corte, secondo cui, laddove un regolamento condominiale di origine contrattuale contenga determinate disposizioni a tutela della tranquillità di chi vive nello stabile, è a queste disposizioni, e non all’art. 844 cod. civ., cui necessariamente occorre far riferimento o per accertare se l’attività posta in essere da uno dei condòmini costituisca o meno immissione vietata (sent. n. 4963 del 4.4.2001). Si tratta di un quadro – come si ricorderà (cfr. Cn feb. 2024) – che deve ritenersi confermato, d’altra parte, anche a seguito della modifica recata, dalla legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), all’art. 6-ter, d.l. n. 208 del 30.12.2008 (come convertito in legge), in tema di normale tollerabilità delle immissioni acustiche (Cass. ord. n. 33966 del 5.12.2024). Da tener presente, infine è la circostanza che l’installazione di condizionatori particolarmente rumorosi può integrare – sempre secondo i giudici di legittimità – la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (Cass. pen. sent. n. 28874 del 28.5.2013).

Comodatario che non rilascia, si può sfrattare?

In seguito alle modifiche legislative della cosiddetta “riforma Cartabia” (d.lgs. 149/ 2022) l’art. 657 Codice procedura civile diviene applicabile anche in materia di comodato con la necessaria conseguenza della possibilità di utilizzare il procedimento di sfratto anche in fattispecie di comodato in ipotesi d’illegittimo mancato rilascio da parte del comodatario. (da Confedilizia Notizie)